Economia

Miti, paradossi e bugie sull’evasione alle vongole

Banconote euro

Miti e paradossi dell’evasione all’italia­na. La lotta all’evasione è diventata orinai un’ideologia. Guai a discutere. Chiunque si permetta di avere un’idea diversa dal pensiero unico, diventa un mostro. Un evasore. Co­me tutte le ideo­logie è cieca: lo era quella marxista, lo è di­ventata persi­no quella am­bientalista. E come tutte le ideologie, l’an­nientamento del nemico (il capitale, lo sporcaccione, l’evasore) por­ta al sol dell’av­venire. Di per sé. Per bacco gli evasori esisto­no e l’evasione pure. Ma pro­prio per la diffu­sione del feno­meno conver­rebbe parlarne con spirito criti­co, razionale. Insomma con metodo e non con ideologia.

Evasori sono sempre gli al­tri. È il princi­pio di fondo del­la lotta all’eva­sione. In sostanza solo gli altri sono evasori e le no­stre, se ci sono, sono solo scappatel­le. Un doppio lavoro da poche cen­tinaia di euro non dichiarato, la de­trazione fiscale di cui non si dovreb­be godere, l’atto per l’acquisto del­la casa (vero direttore di Repubbli­ca?) con cifre diverse dall’effettivo pagamento e via dicendo. La no­stra evasione, questa è la via d’usci­ta inconscia, è sempre poca cosa, ri­spetto ai furti dei grandi evasori.

I numeri che ballano. Si parla di 316 miliardi di redditi evasi per un’imposta occultata di circa 150. Secondo la Cgia di Mestre (molto seri, anche se attori in causa) la gran parte dell’evaso e cioè 200 mi­liardi deriva dall’economia som­mersa. Si calcola che su tre milio­ni di lavoratori in nero circa 2,3 mi­lioni siano già impiegati da qual­che parte e che svolgano dunque un lavoro in nero. 100 miliardi so­no per definizione redditi neri poi­ché frutto della criminalità. 10 mi­liardi di imponibile evaso (o eluso come dimostrano i contratti deri­vati delle grandi banche) si stima arrivi dalle grandi imprese. E solo 6 miliardi da lavoratori autonomi e pini: e cioè i famosi scontrini, ri­cevute e fatture fiscali non fatte.

Un popolo di indignati. Quante volte avete sentito dire che il tale artigiano o commerciante non ha fornito regolare fattura. Verrebbe da chiedersi: ma perché non l’hai pretesa? La risposta in genere è che si sarebbe speso dipiù. Perfet­to.Maallora nonnefacciamo una questione etica. L’evasore propo­ne un affare al proprio cliente, che lo accetta. L’evasore avrà il vantag­gio, probabilmente più alto, di na­scondere un gruzzolo al fisco. E il cliente, suo complice, di avere un reddito disponibile superiore al suo vicino di casa che ha invece preteso e ottenuto la fattura. Si di­rà il contribuente non può detrar­si il lavoretto dalle tasse. È forse questo un buon motivo per far compiere a un terzo un illecito?

L’evasione è un fenomeno da ric­chi. L’evasione è talmente diffusa che nessuna categoria è estranea al fenomeno. È come per i cretini di Cipolla, la loro percentuale è in­dipendente da razza, ceto e profes­sione. Ebbene in Italia ci sono 15 milioni di cittadini che dicono al Fi­sco di non avere patrimonio: nien­te Bot, azioni e fondi. E lo fanno per avere servizi pubblici a costo zero: dagli sconti su bollette e autobus, alle esenzioni sui ticket sanitari. Si autocertificano poveri e indiretta­mente creano un danno allo Stato poiché hanno sconti ingiustifica­ti. Un italiano su quattro fa questo giochetto. Sono solo ricchi? O c’è una buona fetta di classe media e bassa? I controlli fatti quest’anno dalla Guardia di finanza ha certifi­cato che quasi un italiano su tre (tra coloro che sono stati controlla­ti) poveri non erano. Controlli si­mili sono stati fatti su un campio­ne di dipendenti pubblici e si è vi­sto che sono state registrate percentuali analoghe di doppi lavori in nero. Eh ma gli evasori sono sempre gli altri. O non meglio iden­tificati proprietari di Suv.

 I ricchi pagano poco. Quelli che pagano, che sono in effetti in nu­mero ridotto, pagano più di tutti i loro colleghi ricchi in Europa. Un single milanese con un reddito da 350mila euro l’anno e un patrimo­nio di un milione di euro, paga ogni anno al fisco 150mila euro. Un migliaio di curo più di un ingle­se. E più che in Spagna, Germania e Francia (che hanno uno sconto di 20mila euro rispetto al milane­se). Solo il riccone olandese è tar­tassato di più. Ma con i nuovi bolli e imposte di Monti il valore delle tasse sul ricco milanese crescerà di molto. Puntualmente infatti ogni manovra fiscale incrementa le imposte a questi quattro gatti che già denunciano tutto.

Le imprese pagano poco. Secon­do l’ultimo rapporto della Banca mondiale, abbiamo il cosiddetto Total tax rate (il totale delle impo­ste per farla semplice) più alto del mondo: a quota 68,6percento dell’utile commerciale. Uno dei po­chi primati che abbiamo nell’Oc­se. Spagna e Germania hanno ri­spettivamente dieci punti e venti punti di meno. In Inghilterra il Ttr è inferiore al 40 per cento. Si trat­ta, tra l’altro, di un incentivo ad usare beni aziendali a fini privati. A Cortina hanno pizzicato auto di lusso intestate a società che circo­lavano alla fine dell’anno. Tutto regolare. Per il nostro Fisco le au­to aziendali per il 40 per cento so­no considerate davvero ad uso la­vorativo (e dunque solo per que­sta cifra detassate) e per il resto si presume che vengano utilizzate per scopi privati. Anche andare a Cortina.

      L’Italia deve tornare alla legalità. Titola Repubblica su una di­chiarazione di Attilio Befera, diret­tore dell’Agenzia delle Entrate.Come dire: con Berlusconi la lotta all’evasione era all’acqua di rose. «Sa qual è il problema quando leg­go che la lotta all’evasione è rallen­tata? I miei vanno su tutte le furie, con il grande lavoro che fanno. Ma il vero problema è che si inco­raggiano gli evasori impenitenti». Sapete chi dice queste robette? Il braccio destro di Befera, Luigi Ma­gistro, in un’intervista rilasciata a chi scrive due anni fa in pieno «re­gime berlusconiano».

I numeri del recupero fiscale. Mai come nel triennio di Berlusco­ni si è recuperato gettito fiscale. Grazie a manovre anche molto illi­berali messe in campo proprio da rase pizzicato tre volte a non emet­terli. Un effetto annunciato dagli scarsi effetti pratici. Inoltre que­sto tipo di approccio può produr­re effetti solo se la macchina finan­ziaria è in grado di seguirlo. Come si può immaginare di fare control­li ripetuti per tre volte su milioni di esercizi. Si deve agire su controlli di lungo periodo, non su annun­ci». Un po’ come si è fatto a Corti­na?

     Il blitz di Cortina. Per i benpensan­ti (dalle parti di Repubblica) criti­care i controlli di Cortina è da inetti di una destra anti-borghe­se e illiberale». Chissà come defi­nire Vincenzo Visco, tre volte mi­nistro delle Finanze per il centro­sinistra che così ha detto alla Stampa: «Non c’è nulla da indi­gnarsi e da applaudire: sono cose che si fanno ogni tanto, ma non particolarmente incisive salvo l’effetto annuncio o di propagan­da. La lotta all’evasione è altra co­sa». Non sarà diventato inetto an­che Visco?

      Non unirsi al coro, vuol dire difendere gli evasori. Nessun liberale può tollerare l’evasione fiscale, semplicemente perché essa rap­presenta concorrenza sleale sul mercato. Ma è legittimo continua­re a pensare che nonostante Tre­monti e Monti la vera lotta all’eva­sione si faccia riducendo le aliquo­te. L’unica riduzione e semplifica­zione che ha fatto il governo Berlusconi, e cioè la cedolare secca su­gli affitti di casa, secondo i primi dati ha fatto segnare un boom di emersione di nero.

Nicola Porro, Il Giornale 9 gennaio 2012

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