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Di (neo)fascismo, populismo e democrazia. Dialogo sui minimi sistemi

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Simplicius: Basta, basta, basta.
Sagredus: Basta, che cosa?
SI: Basta con questi osceni pellegrinaggi a Predappio, ripresi e magnificati dalla tv.
SA: Sì, ma si chiederebbe Lenin, che fare?
SI: Beh Hitler ha fatto quasi tutto da solo, ma Stalin è stato tolto dal mausoleo, sgelato e sepolto in una tomba semi-anonima sotto le mura del Cremlino, Franco è ormai prossimo ad essere traslato dal suo sarcofago nella Valle dei caduti, Mussolini…”
SA: Già, dove lo sposteresti? Perché, a prescinder d’altro, i pellegrinaggi cambierebbero solo il luogo di destinazione.
SI: Perché, cosa hanno fatto con Osama bin Laden? L’hanno buttato ancora fresco fresco in mezzo all’oceano, senza prender neppure le coordinate, semmai a qualcuno fosse piaciuto ripescarlo.
SA: Ora stammi a sentire, che son assai più avanti negli anni, con quel po’ di sapienza acquisita solo a guardar fuori dal finestrino del treno della vita, a proporla, una cosa simile, scatenerebbe una ondata di simpatia umana in questa nostra Italia, in cui le ossa dei morti vanno lasciate riposare in pace, qualunque sia il giudizio su quel che han fatto da vivi. Ma, se permetti, il discorso è un po’ più complesso, come credo di poterti provare, solo che tu abbia la pazienza di ascoltarmi. Mi sembra che sia un tantino eccessivo far tanto baccano per dieci, quindici giovinastri che a Milano srotolano uno striscione, se ben ricordo, col nome di Mussolini e per due, trecento nostalgici che si mettono in cerchio e si esibiscono col saluto romano, nel rito funereo di gridare presente al nome di Mussolini”.

SI: Ma che dici? Questo è sottovalutare i primi segni del risorgente fascismo, con il cammino ormai aperto da quello che Saviano – uno che se ne intende di criminalità – ha definito “ministro del malaffare”.
SA: Lascia stare Giolitti.
SI: Chi è costui?
SA: Se lo chiedeva anche Don Abbondio a proposito di Carneade, ma lascia stare. Il fascismo è un fenomeno complesso, fiorito nell’Europa delle dittature fra le due guerre, con a suo detonatore la rivoluzione di ottobre, che spaccò la sinistra, paralizzandola, e innescò la controrivoluzione preventiva che ebbe a protagonisti in debita sequenza Mussolini, Hitler, Franco. Pensare che quel di cui stiamo discutendo significhi non dico un ritorno di fascismo, ma anche un restringimento della libertà e della democrazia è allarmismo fuori misura. Lo si è detto di Tambroni, Cossiga, Craxi e Berlusconi, eppure il classico campanello del presidente del Consiglio è passato di mano in mano senza il minimo problema. A dire il vero è bene che la tv riprenda queste scene, è la miglior propaganda contro qualsiasi nostalgia, vedere quella disgustosa goliardata di Milano e quella funebre mascherata di Predappio, strappano alla gente anziana commiserazione e provocano alla gente giovane allergia”.

SI: E la XII disposizione della Costituzione, la legge Scelba, la legge Mancino?
SA: Già la legge Scelba e la legge Mancino. Se quella santa anima di Scelba sta da qualche parte, certo si meraviglierà di essere chiamato in causa, lui da vivo trattato come l’uomo del manganello e dell’olio di ricino; e quella buon’anima di Mancino sta trascorrendo la sua tarda vecchiaia come indagato di complicità con la mafia. La legge Scelba è stata invocata un sacco di volte, con alcuni arresti eccellenti nel 1948-1950 e una iniziativa della procura di Milano nel 1972, nei confronti di parlamentari missini, con tanto di autorizzazione a procedere a larga maggioranza della Camera. Senza trarne alcuna conferma a favore di una magistratura ad orologeria, la cosa partì dopo il successo elettorale del MSI, ma poi si sgonfiò strada facendo, sino a metter capo a nulla di fatto. La legge Mannino è stata salvata dalla Corte costituzionale, dichiarandola compatibile con l’art. 21 Cost., in quanto non estendibile alla semplice espressione di una opinione”.

SI: Allora, si sta solo a guardare, mentre il fiume in piena potrebbe rompere gli argini?
SA: Intanto, non c’è nessun fiume in piena, tant’è che il Po, dopo tante lagne sul fatto che stava restando in secca, ha solo ripreso la sua normale portata. Ma, lasciamo stare le metafore, l’arma della democrazia è la pazienza, perché pensare a difenderla o a diffonderla con le manette può essere cosa difficile e anche controproducente.
SI: E la repressione penale?
SA: Già la parola repressione penale è sempre suonata male all’orecchio di un democratico quando riferita a fenomeni politici o sociali, che più le persegui, più tendono ad espandersi, per cui la prima lezione è quella di non fare martiri. Questa è solo opinione, ma, ovviamente, la magistratura inquirente indaghi e la magistratura giudicante processi ove ravvisi le fattispecie previste dalle leggi in questione.

SI: E, allora Salvini?
SA: Ma cosa c’entra con le leggi citate. Si tratta di riconoscere che, a voler semplificare con un’accoppiata che è sopravvissuta con riferimento non più a partiti ma a coalizioni, c’è sempre una destra che non può essere delegittimata solo perché c’è una sinistra che la vorrebbe a sua misura, senza trovarla mai nonostante il consenso elettorale, tant’è che il buon Governo di Berlusconi e Fini non andava bene e Fini sarà recuperato solo dopo aver rotto con lo stesso Berlusconi; né va bene l’alleanza 5Stelle-Lega; ci vorrebbe, si ripete fino all’ossessione, una destra costituzionale ed europeista, che, però, questi italiani asserviti alla pancia non vogliono evocare… dal nulla. Saragat era più prudente, ad ogni scacco elettorale del suo Partito socialdemocratico, se la prendeva col destino cinico e baro. Ho parlato di pazienza della democrazia, che significa la capacità di favorire l’evoluzione positiva di certe forze che nascono anti-sistema, ma poi progressivamente vi rientrano, proprio attraverso la partecipazione ai riti della democrazia, tant’è che si parla prima di extra-parlamentari, poi di esclusi dal circuito costituzionale, poi di recuperati più o meno a tutto campo. C’è una precisa verifica empirica quale costituita dalla vicenda del MSI, fondato nel dicembre del 1946 da reduci della Repubblica di Salò, per questo trattato come un lebbroso con tanto di campanella alla caviglia per avvertire i passanti a scostarsi. Ora, a voler guardare, senza lenti deformate da una ormai cronica campagna elettorale, alla destra, estrema solo per posizionamento, c’è Fratelli d’Italia, che non credo nessuno possa tacciare di essere forza antidemocratica. E se si vuole un’altra verifica si può guardare proprio alla prima Lega, secessionista e anti-meridionalista, e ora unitaria e certo non più disposta a prendersela col Sud, dove comincia a crescere elettoralmente.

SI: Ma non mi hai risposto?
SA: E dai con questa nenia! Salvini è un populista, che certo non può rientrare nel modello di statista che almeno i più anziani hanno coltivato. Ma allora? Populista lo era anche Lincoln che, al termine del famoso discorso in memoria di tutti i caduti, nordisti e sudisti, nella battaglia di Gettysburg, pronunciò la famosa frase “Governo del popolo, dal popolo, per il popolo”. Abbiamo un presidente della Repubblica garante dell’unità democratica del Paese, un Parlamento legittimamente eletto, un governo dotato della fiducia di entrambe le Camere, un giudice delle leggi a difesa della Costituzione, una magistratura indipendente, una stampa libera, una forza dei carabinieri fedele per definizione… Continuare ad affermare che chi rappresenta non più di un quarto dell’elettorato possa autoproclamarsi non solo democratico, cosa che gli si concede senza riserva alcuna, ma anche giudice di quanto sia democratico il restante tre quarti… beh, amico, questo sinceramente non mi suona bene e mi ricorda quel PCI da me conosciuto negli anni del Dopoguerra come socialista autonomista ante litteram, qualcosa che non era proprio come l’ha messa sul ridere Guareschi, con la sua formidabile invenzione della coppia Peppone e Don Camillo.
SI: Dunque tu dormi tranquillo?
SA: Sì, ma per precauzione prendo sempre una mezza pastiglia di Tavor. Sai alla mia età…

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