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La trappola tesa a Scruton dalla polizia del pensiero unico politicamente corretto: una minaccia per la libertà d’espressione

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È solo l’ultimo in ordine di tempo a finire nella rete da caccia alle streghe che coinvolge politici, scienziati, studiosi, accademici e personaggi pubblici “inquisiti” per le loro posizioni ritenute offensive e fuori luogo, obsolete e degradanti, ma non per questo il fatto desta meno scalpore – e preoccupazione per una tendenza inquisitoria che non lascia scampo e diritto di replica. Mercoledì il governo britannico ha infatti rimosso dal ruolo di consigliere per il Ministero dell’edilizia abitativa il filosofo Roger Scruton, una delle menti contemporanee più vivaci e brillanti, nonché punto di riferimento del pensiero conservatore moderno.

I “commenti inaccettabili” che gli sono costati la testa si riferiscono ad un’intervista rilasciata alla rivista New Statesman, nella quale Scruton ha espresso dubbi sull’operato in Ungheria di un ambiente che ruota attorno alla figura del filantropo George Soros (ebreo di origine magiare), e sulla propensione del Partito comunista cinese a rendere la popolazione un insieme di robot, dove ogni individuo è il replicante dell’altro, e infine sul concetto di islamofobia, introdotto secondo il pensatore britannico nel linguaggio contemporaneo dal movimento dei Fratelli musulmani con l’intento di “bloccare qualsiasi discussione su temi importanti”.

Un linguaggio degno di un suprematista bianco, secondo la critica mediatica che si è sollevata, puntuale come una bomba ad orologeria, in attesa di cogliere sul fatto chi non si adegua ai canoni previsti dallo schema in vigore nel confronto di idee, un mix di politicamente corretto e vittimismo. Una trappola orchestrata ad hoc per la soddisfazione di George Eaton, il vicedirettore del New Statesman, che si è occupato dell’intervista e che si è fatto ritrarre su Instagram intento a bere champagne dopo aver saputo del licenziamento – per poi cancellare il post. Un agguato intellettuale vero e proprio.

Eppure, le posizioni di Scruton sono da sempre note: è sulle scena da anni ed è autore di diverse pubblicazioni, nonché dell’opera “How to be a Conservative” (2014), all’interno della quale passa ai raggi X il mondo culturale islamico e le sue contraddizioni (“Il fatto che l’Islam ponga la religione al di sopra del concetto di nazionalità come elemento per testarne l’appartenenza rappresenta una minaccia all’ordine politico”). Le alzate di sopracciglio postume sanno solo di ipocrisia, atteggiamento che preclude qualsiasi forma di dibattito: ma il fatto di sentirsi offesi per le opinioni discordanti di qualcuno non significa essere necessariamente dalla parte della ragione.

L’imbarazzo che inoltre è trapelato da comunicati e dichiarazioni con le quali gli ambienti governativi di Londra hanno voluto interrompere qualsiasi rapporto con Scruton indicano come questa debolezza di pensiero stia trovando purtroppo spazio anche all’interno degli stessi ambienti conservatori, dopo aver intaccato da tempo quelli progressisti e universitari dove ha trovato linfa vitale per crescere e moltiplicarsi.

La procedura prevede che al povero malcapitato non venga concessa alcuna obiezione, al più verranno accettate solo le scuse – peraltro improbabili da parte del filosofo, che preferirà starsene tranquillo nella sua abitazione immersa nelle campagne del Wiltshire. A noi tocca al contrario assistere preoccupati al cortocircuito in atto nel quale i diritti (tra cui quello di espressione) non sono più innati, ma attribuiti da un gruppo all’altro: da quello che li detiene (elitario e supponente, predicatore di falso liberalismo e presunte pari dignità) a quello di chi aspira a farne parte, un po’ per convinzione, un po’ per spirito di sopravvivenza alle perquisizioni casa per casa.

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