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L’invisibilità: l’arte di Liu Bolin e la probabile sorte di molti parlamentari

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Avviso a tutti i parlamentari appena eletti: andate a vedere le opere di Liu Bolin, a Roma, al Vittoriano, perché è una mostra che vi riguarda direttamente. Se volete evitare di diventare dei peones, conoscendo già che cosa può accadere nei prossimi mesi di permanenza alla Camera e al Senato, studiate attentamente i lavori di questo geniale artista cinese, nato a Shandong nel 1973: “Liu Bolin. The Invisible Man”, recita il titolo dell’esposizione curata da Raffaele Gavarro, con l’artista che prima integra il suo corpo con il contesto alle sue spalle grazie a un accurato body-painting e quindi si fa fotografare.

Nell’Ala Brasini dell’Altare della Patria ecco gli scatti realizzati nel 2017 tra i marmi dell’Anfiteatro Flavio e le forme barocche della Reggia di Caserta, insieme a 70 fotografie, emblemi di dieci anni di duro lavoro, dove una delle immagini più rappresentative documenta l’invisibilità di Liu Bolin in una sala piena di poltrone rosse, alla Scala milanese. Che somigliano molto a quelle del Senato. Proprio questa invisibilità sottolineata dall’artista è il rischio che corrono tanti deputati e senatori alla prima legislatura, eletti a furor di popolo e pronti a finire “parcheggiati” in breve tempo dai propri partiti, con i “nominati” destinati solamente a spingere laconicamente i tasti per votare sì o no a Montecitorio o a Palazzo Madama: diventare peones può così diventare un dramma, provocando depressioni e improvvisi ammutinamenti, fino ai ben noti cambi di casacca, ovvero di partito.

Quell’invisibilità non è un simbolo di trasparenza politica o morale ma spesso denuncia una specifica mancanza di capacità, l’impossibilità di rendersi utili agli altri (e all’Italia) per manifesta insufficienza intellettuale, dove la colpa principale ricade sull’entità che ha voluto catapultare un minus habens su una poltrona che meritava ben altri lombi. In fondo, Liu Bolin rende visibile un modo di dire popolare, quel “fare tappezzeria” che definiva esemplarmente quelle persone che a una festa da ballo non ricevevano inviti a danzare e quindi rimanevano sedute al proprio posto, generalmente vicino alle pareti della sala, quasi fossero state incollate ai muri come la carta da parati che adornava le dimore di un tempo. Tanto da indurre i malcapitati ad avventarsi sulla più vicina bottiglia di rosolio, per scolarla fino all’ultima goccia. Cosa che accade in ogni legislatura anche a numerosi peones, dediti più ai superalcolici che ai disegni di legge.

Nel corso della sua carriera Liu Bolin si è fatto fotografare, oltre che davanti ai più importanti monumenti del mondo, anche tra librerie, scaffali dei supermercati, opere d’arte, montagne di rifiuti e immigrati. E la sua fama è cresciuta negli anni diventando un’icona per brand come Moncler, tanto da utilizzare per diverse stagioni un suo camouflage per pubblicizzare il proprio marchio, Tod’s e Ferrari. Con il patrocinio della Regione Lazio e Roma Capitale – Assessorato alla Crescita culturale, e quello della Fondazione Italia Cina, la mostra è prodotta e organizzata dal Gruppo Arthemisia in collaborazione con la Galleria Boxart, sponsor Generali Italia. Per i novelli parlamentari c’è modo di vedere la mostra fino al prossimo primo luglio.

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