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Le opere di Turner al Chiostro del Bramante: c’è sempre da imparare qualcosa dagli inglesi

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Solo fino a pochi decenni fa, quando i soprintendenti potevano vantarsi di tutelare le “belle arti”, ogni manifestazione culturale organizzata dai privati veniva guardata con sospetto, indicata al pubblico ludibrio come un’operazione commerciale, magari corroborando la definizione con l’avverbio biecamente, all’epoca ritenuto politicamente correttissimo. I tempi sono fortunatamente cambiati, e i fatti lo dimostrano: così nella capitale il Chiostro del Bramante, sede espositiva privata che da anni produce e organizza grandi mostre, ha l’onere e l’onore di proporre “Turner. Opere della Tate”, una rassegna di straordinaria qualità curata da David Blayney Brown e che permette di ammirare a Roma quasi cento lavori provenienti dalle collezioni della Tate Britain di Londra. Talento precocissimo, Joseph Mallord William Turner, nato a Londra nel 1775 viene incoraggiato fin da piccolo a seguire la carriera di pittore dal padre, che dal 1789, nonostante le difficili condizioni economiche, lo porta a frequentare la prestigiosa Royal Academy, dove verrà nominato professore di prospettiva nel 1808. Turner, oltre agli studi accademici, ha capito l’utilità della collaborazione con gli architetti, puntando alla visione diretta dei paesaggi con i dipinti en plain air. Incisore e acquerellista in primis, Turner ben presto medita di passare alla pittura a olio.

E’ da sottolineare il particolare e profondo rapporto di Turner con l’Italia, visitata per la prima volta brevemente nel 1802, per poi ritornare nel 1819 soggiornando a Venezia, Roma e Napoli, percependo l’intensa luminosità dei paesaggi italiani ed esperienza determinante per l’evoluzione del suo stile. Mirabili sono le sue vedute lagunari, attribuite alla piena maturità e tra le più famose di tutto il corpus di opere dell’artista. In questo periodo la tematica cromatica-luministica è il nodo centrale su cui verte la poetica di Turner, che si interesserà per tutto il resto della sua vita alla ricerca di soggetti e atmosfere da raffigurare come specchio del suo universo interiore. In uno spazio-luce libero da ogni tradizionale impianto prospettico, le forme perdono consistenza e i colori puri diventano con la luce, i protagonisti assoluti delle sue opere.

Il lascito Turner donato alla nazione inglese nel 1856, cinque anni dopo la morte del pittore nel 1851, è una delle più grandi e significative collezioni esistenti di un singolo artista. Oggi è in gran parte ospitato al Tate Britain di Londra e rappresenta un museo dentro al museo, contenente una vasta raccolta della produzione artistica di Turner, conservata nella casa e nel suo studio personale, che copre cronologicamente tutto l’arco della sua vita. Oltre cento opere da lui conservate per essere esposte in una galleria che sperava fosse creata in sua memoria, il lascito Turner include diversi bozzetti ad olio, studi preparatori e disegni non finiti, decine di migliaia di eccezionali opere su carta: tra cui acquarelli, disegni e taccuini. E dalle parti della Regina Elisabetta II, quando si fanno uscire dai confini le opere d’arte, non si guarda certo se l’istituzione è pubblica o privata, ma il valore e la serietà degli organizzatori. C’è sempre da imparare qualcosa dagli inglesi. Fino al 26 agosto, catalogo Skira.

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