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Quella pavidità culturale, quel “patologico odio di sé” che disarma l’Europa di fronte all’Islam radicale. Intervista a Giulio Meotti

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“La Tomba di Dio” (Cantagalli Editore) è un libro potente. Inquietante per certi versi. Un monito feroce sulla più che concreta possibilità che il mondo occidentale coi suoi valori universali, dettati per lo più dal Cristianesimo e dell’Ebraismo, possano soccombere sotto la spinta violenta e senza scrupoli del mondo islamico più fanatico. Meotti, giornalista del Foglio ed esperto di Medio Oriente e Israele, racconta con vivida passione quello che può tranquillamente essere considerato un nuovo eccidio (se non genocidio); quello dei cristiani d’Oriente sterminati dai musulmani, seppur dalle frange più integraliste. Quegli stessi cristiani che, nel libro, si dice abbiano salvato la cultura occidentale. Ecco, per questa conversazione con Giulio Meotti, vorrei partire proprio da qui.

ADRIANO ANGELINI SUT: In che senso i cristiani d’Oriente hanno salvato la cultura occidentale?

GIULIO MEOTTI: Faccio qualche esempio. Nel quarto, quinto e sesto secolo d.C., gli assiri cristiani iniziarono una traduzione sistematica delle opere greche (Socrate, Platone, Galeno e Aristotele) in siriaco. Fondarono la prima università al mondo, la Scuola di Nisibi. E dopo il latino e il greco, il terzo più grande corpus di scrittura cristiana era nella lingua assira siriaca. E poi il cristianesimo è figlio dell’Oriente, non dell’Europa. Il monachesimo è nato in Egitto, i concilii sono stati in Turchia, la parola “cristiani” è stata usata per la prima volta ad Antiochia, l’Armenia era cristiana prima di Costantino etc… Le origini della nostra civiltà, che ci piaccia o no, sono . E l’Islam radicale, che è il principale agente della persecuzione anticristiana nel mondo assieme alla Cina comunista, le ha messe seriamente in discussione.

AAS: Quali sono le aree dove maggiormente i cristiani hanno sofferto e quelle in cui sono ancora protetti?

GM: Siria, Iraq, Pakistan ed Egitto sono le aree più colpite. In Nord Africa il cristianesimo è stato spazzato via. Il Libano è l’ultimo bastione di una grossa minoranza cristiana. L’Egitto è sul bordo dell’abisso, tutto può crollare, come stava per succedere con i Fratelli Musulmani al potere.

AAS: Com’è possibile che l’Europa di fronte a tali e tanti massacri sia al più uno spettatore passivo? Possibile che ci sia soltanto un calcolo di convenienze geopolitiche? C’è timore? Pavidità?

GM: Tutte e tre. C’è una grande paura dell’islam. Prendi le vignette su Maometto. Dopo il massacro a Charlie Hebdo nessuno ha ripubblicato niente in Europa. Le élite sono mute. I giornali a pagina bianca. Gli intellettuali lisciano solo il pelo. Ci sono poi forti interessi economici, dal Qatar ai sauditi. Ci siamo legati mani e piedi a questi regimi tirannici ed espansivi. E c’è una profonda pavidità culturale che Ratzinger definì come “patologico odio di sé”. Il multiculturalismo non è altro che ripudio della propria identità.

AAS: Tu parli della resa del Vaticano all’Islam. Parti da Ratisbona, dal discorso dell’ex pontefice Ratzinger all’Università di Regensburg contro un certo Islam, in cui cita la famosa frase dell’Imperatore bizantino Manuele Paleologo: “Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava”. E arrivi a una conclusione drammatica. La Chiesa Cattolica, dopo la caduta (una strana caduta) di Benedetto XVI, ha ceduto all’Islam. Davvero è così?

GM: Sì. Papa Francesco trascorre un giorno sì e l’altro pure a elogiare le migrazioni, quando in Vaticano sanno benissimo che l’immigrazione è uno dei grandi fattori di destabilizzazione sociale, culturale e identitaria dell’Europa. Inoltre, da quando è salito al soglio, Francesco deve ancora dire una parola che sia una sull’estremismo islamico, come fece Benedetto in quella università tedesca. E sotto il pontificato di Bergoglio abbiamo visto centinaia di morti in Europa, la fine dei cristiani iracheni, il caso Asia Bibi, le stragi in tutto il mondo ai danni dei cristiani. Sotto Ratzinger eravamo soltanto agli inizi. Ma chi siamo noi per giudicare, giusto?

AAS: Dopo la sconfitta dello Stato Islamico in Siria e in Iraq adesso c’è la questione libica. Si prospetta un nuovo pericolo islamista radicale per l’intero mediterraneo? E l’Italia? Che rischi corre? Davvero è necessario bloccare l’immigrazione in maniera più drastica di quanto già fatto dal ministro degli interni Matteo Salvini? Serve un blocco navale come va dicendo da diverso tempo Giorgia Meloni?

GM: Se l’alternativa al “muro” sono gli open borders, ovvero l’immigrazione ideologica e massiccia come nel periodo 2015-2016 (500 mila ingressi in Italia e 1 milione in Germania), ben vengano i muri, che siano fisici o di deterrenza. Ma non so quanto una democrazia saprebbe “reggere” all’arrivo di un milione di migranti. So però che se non fermiamo, non rallentiamo, questo fenomeno migratorio epocale, l’Europa è spacciata, non l’Unione europea, l’Europa stessa. Il limes non è solo fisico, ma anche di civiltà.

AAS: Parliamo di questa affermazione di Jean François Colosimo che tu riporti in un capitolo apposito: “Il cristiano in Medio Oriente oggi è l’ebreo europeo di fine Ottocento”.

GM: Sì, la “n” di nazareni con cui l’Isis ha marchiato le case dei cristiani di Mosul è come la stella gialla degli ebrei europei. 100 mila cristiani partirono in una sola notte, colpevoli solo di essere cristiani. La piana biblica di Ninive divenne senza cristiani. Nelle stragi nello Sri Lanka abbiamo visto l’uccisione di 45 bambini. Bambini cristiani. Cos’è questo, se non il nuovo fascismo?

AAS: Un’ultima domanda, come se ne esce? I cristiani del Medio Oriente e direi anche della penisola arabica sono destinati a sparire in maniera definitiva da quei territori? Davvero il multiculturalismo e la convivenza con un certo Islam è il destino inevitabile per l’Europa?

GM: Io ho paura, sono molto pessimista. La civiltà è appesa a un filo, da sempre, e quel filo oggi è davvero molto esile, se non spezzato, in Occidente. Abbiamo di fronte vari scenari: la balcanizzazione multiculturale dell’Europa, la perdita di controllo di interi territori, la ghettizzazione, la proliferazione di islamismo e quindi di terrorismo, la frattura delle nostre democrazie, la perdita della coesione sociale, l’arretramento o la fine di tanti valori occidentali basilari. Questo sempre se non rovesciamo il tavolo e giochiamo con le nostre regole: messa al bando dell’Islam salafita, dei fondi stranieri, dei simboli fondamentalisti, dell’apartheid di genere, della sottomissione che parte dalle loro énclave per esondare nelle società occidentali. Ma ad oggi non ci sono segni che lascino ben sperare. Siamo di fronte a un mutamento di civiltà. L’Europa conosciuta dal 1945 a oggi è finita. Non sappiamo cosa ci aspetta. Ma lo scopriremo presto, specie chi vivrà fino al 2040-2050.

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