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Riusciremo mai ad avere un partito liberale in Italia?

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Una delle domande che attanaglia di più i liberali d’Italia è: “Riusciremo mai ad avere un unico partito Liberale con la L maiuscola?”. Per il momento – e spero di sbagliarmi – la mia risposta è no, e vi spiegherò il perché. La situazione è complessa e va affrontata da diversi punti di vista: quali sono gli ostacoli attuali che non permettono l’aggregarsi di una forza politica così vasta ma al contempo così sottorappresentata?

In primo luogo, sia in Italia che nel mondo, il panorama liberale soffre di una crisi dovuta ai ripetuti furti d’identità che ha subito nel corso degli anni. Nel caso del centrosinistra italiano, il quale guarda con ammirazione i Democrats statunitensi e tenta di emularli, ciò è attribuibile purtroppo al fenomeno dei liberals: negli Stati Uniti, i socialdemocratici in salsa Clinton e la sinistra radicale si sono appropriati del termine poiché, secondo il loro pensiero, la parola “liberal” farebbe riferimento alle “libertà civili” (ma non a quelle naturali), tema a loro tanto caro e su cui fanno costantemente pressione grazie ai gruppi di attivisti radicali. Nonostante l’assonanza del termine “Liberty”, se provaste a chiamare un libertario o un liberalconservatore americano “liberal”, con tutta probabilità verreste presi a male parole. Detto ciò, se l’America starnutisce allora l’Europa prende il raffreddore. Nel Belpaese sono lampanti i casi di partiti finti liberali rei di svariati scempi, i quali usano il termine soltanto per attirare una parte di elettorato moderato: da politiche socialdemocratiche e politically correct, a più Stato e spesa pubblica propagandati sotto falso nome – solo per citare qualche esempio. Questo di conseguenza ha portato astio e disaffezione verso gli ideali liberali e liberisti, facendogli guadagnare nell’opinione pubblica una pessima reputazione e venendo additati come causa di tutti i mali del mondo moderno.

In secondo luogo, penso che sia piuttosto famosa la battuta “tre liberali in una stanza sono capaci di creare quattro partiti diversi” (e due correnti, aggiungerei io). Guardando il passato della nostra Repubblica, è possibile vedere innumerevoli forze minori: il Fronte dell’Uomo Qualunque, il PLI e il PRI, solo per citarne alcuni. Risate a parte, il mondo della libertà non è fatto solo di un’unica idea, ma è declinato in tantissime ramificazioni: ci sono i liberali progressisti, i liberal conservatori, liberisti, i libertari, gli anarcocapitalisti e così via. Insomma, tutti che tendono verso la stessa meta ma con mezzi, modi e accezioni diverse. Questa frammentazione e la mancanza di comunicazione tra le parti purtroppo crea lo spiacevole fenomeno dei “dispensatori di patenti”, i quali si avvalgono dell’unica verità e dell’unico vero credo politico, tacciando gli altri e annullando qualsiasi confronto. Questo, purtroppo, è riscontrabile anche nella mancanza di un vero leader capace di mettere tutti sotto un unico ombrello e portare avanti con impassibilità, fermezza e determinazione la Libertà e le sue idee.

Infine, come già descritto in precedenza, la pessima reputazione del liberalismo è dovuta anche a un diffuso scarso retaggio culturale di tutte le generazioni, sia adulte che giovani. Le conquiste politiche fatte col sangue dei nostri padri fondatori, le libertà moderne, l’autoaffermazione naturale, il libero pensiero e le comodità tecnologiche portate dal capitalismo purtroppo sono date per scontate. A parte qualche realtà come Atlantico e New Direction, le iniziative culturali scarseggiano e – spesso e volentieri – quelle poche che vengono realizzate a livello locale sono proprio guidate dai “dispensatori di patenti” sopracitati, i quali dividono ed etichettano anziché unire e si fanno vanto di protagonismi inutili. Purtroppo, ed è una cosa di cui dobbiamo prendere coscienza tutti noi, le serpi peggiori si nascondono nel nostro stesso grembo.

Quindi, come si può porre rimedio?
Da un punto di vista politico, bisogna fare i conti con la realtà: passare dal sistema attuale ad uno improvvisamente liberista potrebbe essere una terapia d’urto troppo forte, la quale probabilmente genererebbe effetti contrari a quelli sperati. Come se stessimo attraversando un fiume a piedi, dobbiamo procedere passo per passo analizzando bene la situazione intorno a noi. In altri termini, si tratterebbe di puntare a un governo che comprenda la realtà e si concentri su poche riforme strutturali liberali, andando avanti impassibile e senza stravolgere troppo equilibri sociali precari. Solo costruendo fondamenta solide si può immaginare un governo davvero liberista un domani, capace di essere dinamico e rompere le catene ai cavalli del libero mercato.

Infine, e ritengo che sia la misura più necessaria in assoluto, bisogna ripristinare il confronto e il dibattito pubblico. Per la mia esperienza, in quanto millennial, sono cresciuto con i talk show politici moderni, i quali per ovvie e comprensibili ragioni di audience sono strutturati in modo da sembrare più simili a una rissa che a un confronto: tra insulti, urla e scenate varie, i veri problemi dei cittadini vengono strattonati violentemente da una parte all’altra, gonfiando protagonismi e venendo strumentalizzati per strappare qualche like in più sui social. In mezzo a questo caos, certe volte mi capita di imbattermi in alcuni video d’annata (correva l’anno 1983…): salotti televisivi dove tra il fumo di una sigaretta si ritrovano politici, giornalisti, imprenditori e saggi a parlare e discutere, senza però risparmiarsi attriti, frecciatine e dissensi espressi in modo “garbato” e scaltro. Ora, comprendendo pienamente che si tratta di due epoche totalmente differenti con due modalità di intrattenimento e pubblico incompatibili, è importante però afferrare il concetto alla base: solo affrontando e sviscerando un problema nella maniera più critica possibile si può giungere ad una soluzione, indipendentemente dal proprio settore di appartenenza o dalle inclinazioni politiche. E questo vale anche per noi “lib-“: mettendo da parte le differenze che caratterizzano noi fratelli ed intraprendendo un percorso di scambio e confronto di idee guidato da una visione a lungo termine, solo in questo caso finalmente potremo unirci ed avere un unico, illuminato, vero partito della Libertà. In alternativa, l’unica altra opzione è quella di soccombere.

“Siamo liberi pensatori, e per indagare la verità dobbiamo poter pensare e parlare liberamente. Per essere in grado di parlare bisogna essere in grado di rischiare di essere offensivi.” – Jordan Peterson

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