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Falso che le sanzioni non stiano funzionando. Intervista ad Anna Zafesova

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La reale efficacia delle sanzioni contro la Russia, la stabilità del potere di Vladimir Putin e gli scenari futuri della guerra in Ucraina, i principali temi trattati con Anna Zafesova, editorialista del quotidiano La Stampa, esperta di ex Urss. Nel 2021 ha pubblicato “Navalny contro Putin. Veleni, intrighi e corruzione. La sfida per il futuro della Russia”, un saggio dedicato alla figura del dissidente al momento rinchiuso in carcere e condannato ad una pena di 9 anni di reclusione.

L’efficacia delle sanzioni

TOMMASO ALESSANDRO DE FILIPPO: Le sanzioni varate contro la Russia stanno avendo l’effetto sperato dall’Occidente? Potrebbero limitare o arrestare l’offensiva militare di Mosca nel prossimo futuro?

ANNA ZAFESOVA: In primis, bisognerebbe mettersi d’accordo sulle speranze occidentali, dato che alcuni hanno ritenuto che le sanzioni avrebbero potuto porre fine al conflitto nell’immediato. Una guerra come l’attuale, preparata per anni dalla Russia contro l’Occidente, è impossibile si fermi solo perché vengono varate delle sanzioni.

Tuttavia, non è assolutamente vero che esse non stiano avendo effetto. Anzi, i risultati drammatici per l’economia e la società russe iniziano ad intravedersi con sempre maggiore chiarezza: arrivano numerose testimonianze che raccontano la mancanza di carta, pannolini, prodotti alimentari in scatola di vario genere.

Inoltre, al forum economico di San Pietroburgo il capo della propaganda russa Margarita Simonyan ha mostrato a Putin un cartone di succo di frutta senza più alcuna scritta ed etichetta. Può sembrare ridicolo, ma anche il fatto che la produzione commerciale debba rinunciare ad etichette e marchi per mancanza di carta e prodotti utili a crearle è emblematico delle difficoltà che la Russia sta iniziando a dover affrontare.

Inoltre, fonti ufficiali dello Stato russo come il Comitato nazionale per la Statistica (l’Istat russo) hanno dichiarato che la produzione di automobili nel mese di maggio 2022 è calata del 97 per cento rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. In poche parole, hanno prodotto appena 3 mila automobili in un mese, spesso di un solo modello paragonabile ad una nostra macchina degli anni ’70, la Fiat 124, dato che è priva di servosterzo, ABS, airbag e cinture di sicurezza adeguate, per colpa della mancanza di prodotti.

Numerose aziende si stanno indebitando e la situazione nel futuro potrà soltanto peggiorare, perché le sanzioni agiscono nel medio-lungo termine. Inoltre, molti marchi occidentali hanno smesso di commerciare con la Russia e si sono ritirati dal Paese, perché non conviene o non è più fattibile economicamente. Un danno consistente per mercato del lavoro ed economia interna.

Putin e il gestione del consenso

TADF: Queste difficoltà determinate dalle sanzioni stanno influendo o potrebbero influenzare la stabilità del potere di Vladimir Putin? Pensa sia ben saldo o ci sono delle spaccature che potrebbero pesare in futuro?

AZ: Vladimir Putin è un leader nato, affermatosi e mantenutosi al potere con e grazie alla guerra. Arrivato a guidare la Russia nell’agosto del 1999 quasi da perfetto sconosciuto, acquista ampio consenso con la guerra di Cecenia, poi lo riafferma nel 2008 attaccando la Georgia.

Dopo la parentesi Medvedev, nel 2012 al suo ritorno viene accolto da polemiche e proteste di piazza, ma nel 2014 grazie all’annessione della Crimea ottiene nuovamente un boom di consensi, superiore all’80 per cento. Negli scorsi anni la sua leadership si è nuovamente indebolita, tanto da calare fino al 30 per cento.

Attenzione: un simile consenso in uno stato democratico come il nostro potrebbe anche bastare per governare con serenità e creare una maggioranza politica. Tuttavia, per una dittatura meno di un terzo del gradimento è troppo poco per governare serenamente, dato che negli stati totalitari va abolita l’opposizione ed è necessario che non ci siano climi politici e popolari ostili, che andrebbero altrimenti censurati o repressi con la forza.

I sondaggi degli scorsi anni testimoniano una perdita di consenso per lo zar, che è probabilmente ancor maggiore rispetto a quanto essi registrino. Infatti, anche i sondaggi sono da prendersi con le pinze, dato che coloro che li elaborano e coloro che rispondono ad essi devono stare attenti a non infastidire troppo i vertici del potere nazionale, onde evitare ritorsioni.

Anche in ragione di ciò, è probabile che la mancanza di consenso di Vladimir Putin sia stata tra i fattori che hanno spinto a progettare e mettere in pratica la guerra in Ucraina, dato che lo zar ha bisogno di conflitti e dimostrazioni della propria forza e potenza politica per governare.

Ad oggi, il sentimento comune in Russia pare essere quello di protesta verso l’Occidente che ha imposto le sanzioni, ma nei prossimi mesi è probabile che ai russi non interessi più chi sia il colpevole della mancanza di automobili, alimenti e medicine, ma che scelgano di desiderare soltanto la risoluzione della crisi.

Negli under 35 d’altronde il gradimento per Putin è da tempo bassissimo, fattore che aveva favorito l’ascesa di una figura mediatica, poi diventata politica, come il dissidente Navalny.

Pensare che possano essere maturi i tempi per una “primavera russa” determinata da consistenti rivolte popolari è impossibile per ora, ma certamente il futuro determinerà instabilità politica interna e potrebbe spalancare le porte a stagioni imprevedibili, anche all’interno degli apparati e dei centri di potere russi in forza al Cremlino.

La controffensiva ucraina

TADF: Lei crede che gli ucraini possano già condurre una controffensiva sul campo con gli armamenti attuali, o c’è bisogno di maggiore aiuto da parte dell’Occidente?

AZ: Penso che la controffensiva ucraina si stia preparando con grande pazienza e competenza, ma ovviamente ci vorrebbero più armi da parte dell’Occidente per fortificarla ulteriormente. Tuttavia, ritengo che l’obiettivo primario sia quello di riconquistare tutti i territori occupati dai russi dal 24 febbraio in poi, che nel frattempo Mosca vorrebbe annettere ufficialmente a sé.

In questi territori ad oggi si stanno consumando carneficine, atti di violenza e repressioni sui civili, che partono dal tentativo di apportarvi una forzata “russificazione”. Non a caso, sono stati già stipulati programmi di studio e didattica russi, che dovrebbero cominciare a settembre, fattore che testimonia la volontà russa di annettere presto i territori. Pertanto, è molto probabile che il giorno in cui avverrà la liberazione di queste regioni si scopriranno delle nuove Bucha ed Irpin.

I rapporti tra Iran e Russia

TADF: I rapporti tra Russia ed Iran si sono intensificati negli scorsi mesi, la collaborazione è già ampia sul piano economico, molti gli accordi commerciali. Crede che questa vicinanza possa durare e rivelarsi efficace a lungo termine, o la competizione sulla vendita di petrolio ed idrocarburi potrebbe incrinare i rapporti?

AZ: Questa è un’ipotesi alquanto possibile, potrebbe esserci una competizione che a lungo termine incrini i rapporti tra i due Stati. Nel frattempo, sono da osservare i movimenti iraniani in questa fase, dato che Teheran sa perfettamente che un sostegno e un appoggio limpido all’azione di Mosca in Ucraina comporterebbe il rischio di incappare in nuove sanzioni Usa.

Inoltre, l’appoggio evidente dell’Iran obbligherebbe Israele, che fino ad oggi ha tentato di non schierarsi troppo contro Mosca, a sostenere apertamente l’Ucraina anche con l’invio di materiale militare pesante.

Il calo dell’attenzione mediatica

TADF: In Italia, rispetto ad altre nazioni europee, l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica nei confronti della guerra in Ucraina sembra progressivamente scemare. A cosa è dovuto questo disinteresse e cosa comporterebbe una diversità di vedute con altri Paesi europei?

AZ: È fisiologico che dopo mesi l’attenzione mediatica verso un singolo scenario, qualsiasi esso sia, debba affrontare un calo. L’opinione pubblica italiana è per abitudine estremamente concentrata sulle proprie vicende interne ed ha poca visione globale. Pertanto, penso sia stato già un miracolo che se ne sia parlato così tanto in questi mesi, dato che l’Italia ritiene che le dinamiche di guerra economica e militare non possano interessarla direttamente, ovviamente sbagliandosi.

Quanto ad altre nazioni europee, penso ad esempio ai Paesi baltici, c’è ovviamente un altro discorso da affrontare: in quel caso il “rischio russo” è estremamente vicino e minaccioso, dato che da anni ritengono di essere destinati ad un confronto militare diretto con Mosca.

Infatti, le dichiarazioni di Putin sono da tempo incentrate sulla necessità di ricostituire almeno in parte l’impero sovietico ed il mancato riconoscimento della sovranità nazionale (talvolta dell’esistenza) di nazioni come Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia ed Ucraina stessa.

Non a caso, attorno all’Ucraina si sta creando un blocco di nazioni ex sovietiche pronte a sostenere direttamente Kiev e contrastare l’avanzata russa in ogni modo possibile, al fine di sopravvivere e salvaguardare il principio di democrazia globale.

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