Esteri

Taiwan pronta a difendersi: con il sostegno Usa Pechino fa meno paura

L’antiaerea di Taipei ha abbattuto un drone di Pechino, mentre il governo Usa proibisce a Nvidia e Amd di vendere alla Cina chip ad alte prestazioni

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Per la prima volta la difesa antiaerea di Taiwan ha abbattuto un drone, definito in un primo momento “non identificato”, che sorvolava le isole di Kinmen (o Quemoy), parte del territorio taiwanese ma vicinissime alla costa della Repubblica Popolare. Da Kinmen, infatti, sono ben visibili a occhio nudo le metropoli cinesi di Xiamen e Guangzhou (la ex Canton).

Immediata e furibonda la reazione di Pechino: “era un drone cinese che sorvolava lo spazio aereo cinese”. Giusto per ribadire che Xi Jinping considera l’isola già come parte della Repubblica Popolare e non è disposto ad ascoltare obiezioni su questo punto. Proprio come Vladimir Putin considera l’Ucraina parte della Federazione Russa, lui pure del tutto impermeabile alle obiezioni.

La presidente taiwanese Tsai Ing-wen ha ordinato alle proprie forze armate di rispondere con le armi alla continue provocazioni della Cina comunista, che dopo la visita di Nancy Pelosi ha sottoposto Taiwan a un blocco aeronavale de facto per una decina di giorni.

Invece di impaurire i taiwanesi, tale blocco li ha galvanizzati al punto di osare rispondere manu militari alle continue provocazioni della Cina comunista.

La protezione Usa

Due considerazioni sono necessarie a questo punto. Se Taiwan (“Repubblica di Cina”) risponde in questo modo, significa che gli Stati Uniti hanno fornito ulteriori assicurazioni a Taipei circa il loro intervento armato in caso di invasione.

L’aveva già detto pubblicamente Joe Biden, ed è evidente che Washington ha confermato l’impegno. Del resto truppe americane sono già presenti sull’isola per addestrare l’esercito di Tapei a fronteggiare situazioni di emergenza.

Le missioni a Taipei

In secondo luogo ribadisco, a dispetto delle tante opinioni contrarie, che la visita ufficiale di Nancy Pelosi è stata molto importante. Questo perché la Speaker della Camera Usa, con il suo gesto, ha aperto una strada preziosa.

Ha dimostrato, innanzitutto, che personaggi politici stranieri possono andare in visita a Taiwan senza chiedere il permesso di Pechino (come invece vorrebbero Xi Jinping e soci). Un atto di coraggio, lo ribadisco, e non di follia come lo hanno definito in tanti (Donald Trump incluso, purtroppo).

Dopo il viaggio di Pelosi, infatti, è iniziata una sorta di “diplomazia itinerante” del Congresso americano con due missioni Usa in meno di un mese. Il 14 agosto è sbarcata a Taipei una delegazione bipartisan del Senato guidata dal democratico Ed Markey. La settimana seguente è stata la volta del repubblicano Eric Holcomb, governatore dell’Indiana, che ospita nel suo Stato parecchi stabilimenti di aziende taiwanesi che producono i preziosi semiconduttori.

E non è finita. Nel frattempo è pure giunta una delegazione della Lituania, il piccolo Paese baltico che è ai ferri corti con Pechino, mentre sono annunciate visite da Regno Unito, Giappone e Australia.

Il viaggio di Pelosi, insomma, ha dimostrato che a Taiwan si può andare nonostante le persistenti minacce di Pechino. Questo è fondamentale per rassicurare i cittadini di Taiwan che, con un voto quasi plebiscitario, hanno rifiutato di farsi governare dal Partito comunista cinese (memori della tragica esperienza di Hong Kong).

Stupiscono quindi non poco le reazioni di parecchi giornali e settimanali italiani. Ho letto che secondo alcuni l’America, invece di mostrare i muscoli tanto a Taiwan quanto in Ucraina, dovrebbe cercare il dialogo e insistere sulla de-escalation.

Gli americani dovrebbero insomma mostrare realismo e moderazione. Chi lo afferma, tuttavia, scorda quanto sia forte l’appetito di Xi Jinping e di Putin. Spesso la forza è l’unico metodo per frenare le ambizioni di autocrati e dittatori.

Stop all’export dei chip Usa

Anche sul piano commerciale le relazioni sino-americane stanno peggiorando rapidamente. Si ipotizzava che Biden avesse intenzione di tagliare i dazi trumpiani contro le merci cinesi, mentre ora si apprende che ai chipmaker americani Nvidia e Amd è stato proibito di vendere alla Cina chip ad alte prestazioni.

La situazione economica della Repubblica popolare, infatti, non è per niente facile, e persino il colosso Huawei prevede una forte contrazione di affari e guadagni nel prossimo futuro.

La debolezza di Xi

Dunque Xi Jinping dovrà affrontare il prossimo congresso del Partito comunista, previsto in ottobre, da una posizione di relativa debolezza a causa della crisi economica.

Potrebbe tentare la carta del nazionalismo spingendo per l’occupazione di Taiwan, ma è plausibile pensare che le forti reazioni occidentali lo spingano a cercare una soluzione di compromesso, visti anche gli insuccessi della “operazione militare speciale” del suo sodale Putin in Ucraina.

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