MediaTwitter Files: la censura social

Le reazioni isteriche alla riammissione di Trump non fermano Musk: ecco il piano

Media / Twitter Files: la censura social

Donald Trump è di nuovo su Twitter. Non ha (ancora) ricominciato a “twittare”, ma certamente è ricomparsa la sua timeline, la storia di tutto quanto da lui scritto e fatto negli anni passati.

Possiamo dunque ripercorrere la cronologia degli eventi che portarono alla sua cancellazione “definitiva” e farci un’idea in prima persona del suo possibile/conclamato ruolo nel famigerato attacco a Capitol Hill.

Perché, come da noi riportato a suo tempo, a Trump non solo era stato vietato di partecipare al social, ma era stato anche nascosto tutto quanto scritto nel passato, i libri di storia bruciati.

Il sondaggio

La decisione di “reinstate” l’ex presidente è stata presa dal nuovo ceo, Elon Musk, nel week-end del 19 novembre 2022 dopo un poll direttamente rivolto agli utenti della piattaforma, i cui risultati potete vedere in questa immagine.

Il poll marca un significativo cambiamento di rotta rispetto alle affermazioni iniziali dello stesso ceo, che sembrava voler utilizzare una sorta di comitato etico modellato forse sull’“Oversight Board” di Facebook.

Ripetere l’esperienza del comitato avrebbe probabilmente significato ricalcare l’approccio di Zuckerberg, un team politically correct che include alcuni “attivisti”, ex giudici della Corte europea dei diritti umani, esperti di libertà religiosa, il tutto con una forte attenzione al corretto bilanciamento di razze e culture: decisamente un approccio poco muskiano.

Ma delegare la decisione agli utenti stessi ha immediatamente fatto scatenare il campo progressista, con accuse che vanno dalla poco obiettiva rappresentatività dei follower di Musk (un buon argomento) al fatto che oltre agli umani, migliaia di Bot (programmi automatizzati) avrebbero partecipato al voto (e qui non si vede perché i bot avrebbero dovuto essere solo quelli di una certa parte).

Dimissioni e critiche

Immediatamente dopo l’annuncio sono ricominciate le dimissioni dei dipendenti della società – scesi da 7.500 a circa 2.500 in poche settimane – mentre contemporaneamente i grandi investitori hanno prolungato lo stop delle campagne pubblicitarie e addirittura – e questa è ad oggi la reazione più clamorosa – CBS News aveva annunciato la sospensione di ogni pubblicazione tramite Twitter.

Ma la “decisione” di CBS è durata solo 24 ore, quindi non la commenteremo ulteriormente.

Quello che ci colpisce è piuttosto la critica quasi corale all’operato di Musk.

Diverse le argomentazioni: inammissibili e ingiusti i licenziamenti senza appello. Assolutamente certa la trasformazione di Twitter in un amplificatore del cosiddetto “hate speech” – i messaggi di odio cui siamo abituati su Facebook.

Musk sarebbe addirittura incapace di comprendere la sofisticata tecnologia del social, avendo esperienza solo nella costruzione di razzi, satelliti, auto elettriche, robot, batterie e tunnel.

Particolarmente grottesco questo punto di vista considerato che l’imprenditore ha iniziato la sua carriera inventando e creando PayPal e che la quantità e la sofisticazione del software utilizzato dalle altre sue aziende è con ogni probabilità superiore di vari ordini di grandezza rispetto ad un sito in grado di distribuire messaggi di 240 caratteri.

Il tifo per la caduta di Twitter

“Dimissioni in massa da Twitter, sicurezza a rischio”, “Il vero Elon che si cela dietro Musk”, “Anno 2022, fuga da Twitter”, sono solo alcuni dei titoli della stampa italiana, pezzi che pretendono di raccontare fatti senza riuscire a celare la soddisfazione per il (da loro) previsto futuro crollo della piattaforma. E con esso della fama del suo attuale ceo.

Il tifo per la caduta del sistema non è limitato all’Italia: giusto per fare un esempio, il Guardian stima ad oltre il 50 per cento le possibilità di un crash durante i Mondiali di calcio in Qatar. La fonte? “A recently departed employee”, un dipendente dimissionario (o forse dimissionato).

Dipendenti inutili e attivisti

Per parte nostra azzardiamo la previsione che invece che il sito resterà attivo. A parte la semplice osservazione che tra esternazioni di Infantino e cerimonia inaugurale la prima prova sia stata brillantemente superata, considerando lo storico del numero di dipendenti e confrontandolo con la crescita di complessità del sistema in questi anni, tendiamo a concordare con la tesi che la società fosse gravemente “bloated”, gonfiata di dipendenti inutili.

Inutili e attivisti a ben leggere i tweet di commiato.

Il numero giusto è probabilmente intorno ai 3.900 addetti, non certo 7.500. Ma forse anche molti meno: Musk favorisce i piccoli team di superstar, tutto l’opposto del sistema a comitati allargati che pareva essere in vigore nell’era dei precedenti ceo. E l’esperienza di Steve Jobs, che ha creato il Macintosh con un team di sole 47 persone, parrebbe dargli ragione.

Fallita la campagna anti-Twitter

Mentre la campagna #leavetwitter sembra aver funzionato al contrario: osservando bene il grafico del numero degli utenti attivi, tenendo presente che la data di acquisto è il 28 ottobre, sembra che Elon si sia messo personalmente al lavoro senza lasciare la sede della società, come aveva fatto con Tesla nel periodo buio del model 3. La dimostrazione? La maglietta che indossa nei vari messaggi in cui compaiono sue immagini non cambia mai. Osservare qui e qui.

Il piano di Musk

Chiudiamo con questa suggestiva previsione, formulata da James Altucher. Musk ha iniziato la sua carriera inventando PayPal e proprio per questo conosce a fondo i sistemi finanziari, il famoso Swift (il sistema la cui disconnessione all’inizio dell’invasione dell’Ucraina avrebbe dovuto far crollare la Russia) e tutte le modalità con cui le banche “creano” il denaro.

Potrebbe dunque – e lo si intuirebbe da alcuni vaghi accenni di quest’estate – voler trasformare Twitter in una versione 2.0 di… FTX.

O meglio, dell’ideale (per così dire) di questi exchange: permettere a tutti di utilizzare le criptovalute in maniera semplice e sicura. L’idea è suggestiva: staremo a vedere, magari partendo proprio dal sito www.x.com.

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