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Il governo Meloni parte con un nuovo reato: troppo vago e statalista

Primo Cdm, primo intervento in materia penale che rivela un approccio statalista: il nuovo reato contro i rave party

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Probabilmente è anche il frutto di una sempre maggiore confusione tra potere legislativo ed esecutivo la tendenza di ogni governo a cercare di governare i fenomeni, risolvere i problemi, o peggio “dare segnali”, legiferando, ovvero esercitando il proprio potere di iniziativa legislativa, in particolare ricorrendo ai decreti legge.

Riforma Cartabia sospesa

Nel primo Cdm, che si è tenuto ieri, il governo Meloni ha sospeso l’entrata in vigore della riforma Cartabia. Nulla da eccepire. Un atto dovuto, visto che era talmente scritta male che a detta di tutti, ma proprio tutti i procuratori generali, avrebbe portato alla “paralisi” della giustizia penale.

Stesso discorso sull’ergastolo ostativo: tra qualche giorno la Consulta si sarebbe espressa molto probabilmente per la illegittimità costituzionale della norma esistente, che aveva chiesto al Parlamento di modificare.

Ieri il governo ha tradotto in un decreto il testo di una proposta di legge che era stata già approvata dalla Camera ma non dal Senato, a causa della interruzione anticipata della legislatura.

Stop obbligo vaccinale

Un primo passo nella giusta direzione è arrivato anche sul fronte sanitario, con lo stop – da subito – all’obbligo vaccinale per il personale sanitario. Restano però altri obblighi assurdi, come l’obbligo di tampone per ricoveri programmati e altre prestazioni sanitarie in ospedale.

La “stretta” sui rave party

Non ci ha convinto invece la cosiddetta “stretta” sui rave party, che si è concretizzata nell’introduzione di un nuovo reato.

Primo Consiglio dei ministri e, invece di semplificare come promesso, già si complica, aggiungendo norme peraltro con fattispecie in parte sovrapponibili a quelle già esistenti, come ha osservato Vitalba Azzollini.

Qui siamo nel campo delle misure-bandiera, che rischiano però di ingolfare ulteriormente il nostro ordinamento.

L’equivoco sul governo

Governare non equivale a legiferare. Si chiama potere esecutivo proprio perché la sua missione principale è eseguire le leggi, applicarle e farle rispettare. Molti “fenomeni” che oggi il governo è chiamato, appunto, a governare non richiedono nuove leggi, ma che la forza pubblica applichi quelle esistenti.

Il rave party a Modena rientra senz’altro in questi casi, tant’è che il capannone illecitamente occupato per lo svolgimento del party abusivo è stato sgomberato senza necessità del decreto (e peraltro del tutto pacificamente).

Così come i casi sempre più di frequente documentati di occupazioni abusive. Le abitazioni abusivamente occupate devono semplicemente essere sgomberate e restituite ai legittimi proprietari. Non serve l’ennesima legge, occorre muoversi.

Anche nel caso dei sempre più frequenti blocchi stradali da parte dei teppisti climatici, non serve un nuovo reato. Il reato c’è già. La forza pubblica deve intervenire tempestivamente per rimuoverli e, al più, in una logica di deterrenza, il governo potrebbe inasprire le pene previste.

Il nuovo reato

Ieri, invece, il Consiglio dei ministri non solo ha scelto la strada di un intervento legislativo mirato ai rave party, ma lo ha fatto a nostro avviso in modo sbagliato.

La norma introdotta punisce “l’invasione di terreni ed edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica”. I concetti di ordine pubblico, incolumità e salute pubblica, e pericolosità del raduno, sono infatti sufficientemente generici da prestarsi ad una ampia discrezionalità da parte delle autorità.

Potrebbero soddisfare il criterio di “pericolosità” i raduni nei quali esiste anche solo il sospetto che vengano commessi reati come lo spaccio di droga. Entreremmo nello scivoloso campo del pre-crimine.

Approccio statalista

Pur scegliendo la strada non necessaria, a nostro avviso, di una modifica del codice penale, il governo avrebbe potuto optare, in ottica più liberale, per un rafforzamento della tutela del patrimonio, sia pubblico che privato, di cui in Italia avremmo un disperato bisogno.

Invece ha preferito l’ennesima tutela di beni collettivi, piuttosto astratti e suscettibili di interpretazioni troppo discrezionali, rivelando un approccio statalista in materia penale.

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