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Le notizie che arrivano dal Golfo Persico, più precisamente dello Stretto di Hormuz e dalle zone di mare a nord e a sud dello stesso, sono tanto gravi per quanto confuse. Gravi perché oltre il trenta per cento del greggio estratto al mondo passa per quel braccio di mare, confuse perché gli attori dello scontro in atto fanno di tutto per colpire e nascondersi. Come in un tragico gioco che può sfuggire di mano in ogni momento con conseguenze che potrebbero essere disastrose.
Nel mio articolo pubblicato sul sito di Nicola Porro avevo dato notizia della massiccia preparazione militare statunitense ed ora, a poco meno di un mese, è facile capire perché il Pentagono abbia posizionato notevoli forze navali in zona e forze aeree e terrestri in alcune basi di paesi alleati non lontane da quello che potrebbe presto diventare un teatro di guerra.
Il 14 maggio scorso quattro petroliere, fra le quali la norvegese Andrea Victory, erano state sabotate mentre si avvicinavano al terminale marittimo di Ras Tanura, in Arabia Saudita, per ricevere un carico di greggio diretto negli Stati Uniti. Già allora Washington avevano diramato un’allerta avvertendo che l’Iran avrebbe potuto prendere di mira il traffico marittimo nella regione.
A poco meno di un mese di distanza, il 13 giugno, la situazione è peggiorata quando due petroliere, la nave norvegese Front Altair, battente bandiera delle Isole Marshall che aveva caricato petrolio negli Emirati, e la Kokuka Courageous, battente bandiera di Panama, che aveva caricato metanolo in Arabia Saudita ed era diretta a Singapore, a pieno carico e in navigazione nel golfo dell’Oman, hanno lanciato richieste di soccorso perché in fiamme dopo una serie di esplosioni che avevano causato incendi diventati presto indomabili.
Gli equipaggi, fra i quali si registra solo un ferito leggero, erano stati evacuati dalla marina iraniana che li aveva portati nel porto di Jask, sulla costa sudorientale nella provincia iraniana di Hormozgan.
Inizialmente si era parlato di siluri, ipotesi poi smentita perché i fori causati delle deflagrazioni si trovavano sopra la linea di galleggiamento. Si è passati poi all’ipotesi di mine magnetiche, ipotesi solo in parte confermata dalla pubblicazione di un filmato dove si vede una piccola barca che si avvicina al fianco di una delle petroliere per rimuove quella che sembrerebbe una mina magnetica rimasta inesplosa.