Salute

Catechismo pandemico

Come l’Area 51: l’ospedale umbro ancora in delirio Covid

Nonostante la fine della pandemia, continuano a mantenersi insensate restrizioni. Anche nella leghista Umbria

Salute

Prendendo spunto dall’ultimo video di Mario Giordano pubblicato su queste pagine, in cui sostanzialmente si denuncia il pilatesco immobilismo nel decretare nei fatti la fine di ogni restrizione sanitaria, vorrei raccontare una spiacevole vicenda di ordinaria follia virale che mi è occorsa alcuni giorni addietro all’ingresso di un ospedale pubblico della mia regione, l’Umbria governata dalla leghista Tesei. Una grottesca vicenda locale che la dice lunga su ciò che sta ancora accadendo nel Paese reale, che sul piano sanitario sembra procedere a rimorchio dell’insensata strategia cinese del rischio zero per una malattia clinicamente quasi scomparsa.

Follia Covid

Accompagnando una persona per una visita specialistica nell’ospedale di Pantalla, frazione del comune di Todi, in provincia di Perugia, mi sono trovato di fronte ad una situazione in stile Area 51. L’entrata principale era sbarrata e l’accesso, previa identificazione delle persone, era consentito esclusivamente a quei pochi utenti che ancora potevano usufruire delle visite specialistiche. 

Per approfondire:

  1. Covid, la mossa dell’Ordine contro i medici no vax
  2. La Cina dimostra: il “Covid Zero” non può reggere
  3. Covid, no vax, Rsa: date una sveglia a Orazio ‘Ponzio’ Schillaci

Al di fuori dello stresso pertugio di accesso c’era un cartelletto, rivolto a utenti e operatori, che riportava il seguente testo: “Vista l’attuale situazione epidemiologica e preso atto delle indicazioni circa l’adozione dei dispositivi di protezione di cui all’ordinanza regionale del 22 dicembre 2021….. È stato disposto che tutti i soggetti autorizzati all’ingresso in ospedale devono essere muniti di mascherine Ffp2. Inoltre, viene specificato a chiare lettere che “è vietato l’accesso presso i Cup ospedalieri agli utenti che devono esclusivamente prenotare prestazioni specialistiche; si prega di utilizzare i punti Cup – di altri centri sanitari – e le farmacie abilitate”.

A questo punto, mentre stavo scattando qualche foto all’inverosimile cartelletto, esce una addetta al controllo e mi chiede se fossi autorizzato a fotografare l’ingresso del nosocomio, specificando che in caso contrario avrei dovuto chiedere il permesso ad un dirigente in loco. Alle mie rimostranze, con le quali ho tenuto a precisare che non esiste un simile divieto e che consideravo, dopo tre anni di follia pandemica, tutto ciò molto deprimente, la signora si è congedata con una frase raggelante: “Lei forse non è informato, ma ci sono queste misure di sicurezza perché il nostro è un ospedale Covid.”

Quindi anche la piccola Umbria, che non ha mai sofferto alcun emergenza sanitaria in questi lunghi anni di delirio pandemico, ancora oggi si permette il lusso di avere alcuni ospedali quasi esclusivamente dedicati alla cura di un virus endemico e clinicamente in rapida via di estinzione. Facendo una sommaria ricerca, è emerso che i sindaci e gli amministratori della vasta area che utilizza l’ospedale di Pantalla sono sul piede di guerra da questa estate, quando la Sanità regionale ha deciso di riattivare i numerosi posti letto Covid, precedentemente dismessi a causa di pazienti da ricoverare. 

“Ripresa delle funzionalità”

In questo senso il Comune limitrofo di Marsciano scrisse nel luglio scorso una dura lettera, a quanto pare senza alcun esito alle autorità regionali, chiedendo “una ripresa totale delle funzionalità” del citato ospedale  e denunciando le seguenti criticità che, al pari di tanti altri luoghi di cura di questo disgraziato Paese, sono lungi dall’essere superate:

a) l’azzeramento degli interventi chirurgici programmati in struttura con l’equipe di Pantalla, che superano abbondantemente i 200 prenotati;

b) la riduzione pressoché a zero delle fondamentali attività di diagnostica per immagini;

c) la presenza solo diurna degli anestesisti, con ovvie ripercussioni sulla piena operatività di tanti altri servizi collegati, e il ricollocamento di alcuni di loro presso l’Ospedale di Città di Castello.

Quindi, ancora una volta ci troviamo di fronte al muro di gomma cinese che, nell’insensato tentativo di bloccare la circolazione di un virus endemico e sempre meno aggressivo, mantiene a mezzo servizio un servizio sanitario che già prima del Covid era caratterizzato, per molte gravi e gravissime malattie, da liste d’attesa molto e lunghe e a volte bibliche. 

La domanda è: vogliamo proseguire nella linea pilatesca che ha giustamente messo sotto accusa Giordano, o proviamo assumerci la responsabilità, che altri hanno preso già da molto tempo, di rubricare il Covid-19 a malattia para-influenzale, tornando ad una piena normalità? A Schillaci ed espertoni del ministero della Salute l’ardua sentenza.

Claudio Romiti, 27 novembre 2022

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