in

Crisi di governo, confessioni di un sopravvissuto

Dimensioni testo

Cronaca di un disastro annunciato potrebbe intitolarsi questo articoletto che, invece, concepisco come una confessione per i lettori del blog di Nicola Porro. Il disastro annunciato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Comunque vada, la crisi di governo sarà risolta con un ulteriore insuccesso: governo M5S – Pd oppure M5S – Lega oppure elezioni anticipate. La prima ipotesi è una mera operazione di trasformismo più che un esecutivo capace di avviare a chiusura la fase populista della storia repubblicana: non ho nulla contro il trasformismo politico che considero indigeno al parlamentarismo e se non ci fosse andrebbe inventato, ma in questo caso sarebbe un trasformismo intellettuale e morale, perfino estetico di chi fino a ieri si sputava in faccia. La seconda ipotesi è una buffonata. La terza un nuovo giro di giostra che ci restituisce i problemi esattamente come li lasciamo (credendo di lasciarli).

Il disastro è parte integrale della confessione. Io, infatti, come scrivo ormai dal 2013, dal giorno in cui il movimento di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio divenne dal nulla il primo partito italiano, sono un sopravvissuto. Ho attraversato professionalmente e politicamente tutta la storia della cosiddetta Seconda repubblica (che è stata semplicemente un’appendice della Prima tuttora in vita, per fortuna) e ho sinceramente nutrito, lavorando prima a Libero, poi a L’Indipendente, poi a Liberal, collaborando per anni e ancora oggi a Il Giornale, l’ideale della democrazia dell’alternanza come forma sia politica sia istituzionale della storia italiana capace di mettere fine al più lungo dopoguerra che si ricordi e completare la democrazia rappresentativa italiana. Purtroppo, questa vicenda, per vari motivi – non ultimo l’esistenza di una cultura politica di sinistra eccessivamente giacobina – è naufragata creando non la democrazia dell’alternanza bensì dell’altalena che ha messo capo a un immobilismo politico e sociale da cui è venuta fuori l’Italia arrabbiata e risentita di un uomo-massa al quale han dato voce l’istrionismo di Grillo e l’ingegneria informatica di Casaleggio di cui la macchina propagandistica di Matteo Salvini è già una replica.

Ognuno è figlio della propria storia. E così tendo ancora a vedere la politica italiana come la possibile riformulazione di due nuovi schieramenti di destra e di sinistra, anche se ormai concepisco il centrosinistra e il centrodestra non come soggetti “virtuosi” ma solo come recinti in grado di far rifluire il populismo e la demagogia che promano dal grillismo comunista e dal leghismo nazionalista nel tentativo di limitare i danni. Mi accorgo, però – e mi duole confessarlo a me stesso – che si tratta solo di una pia intenzione. Cosimo il Vecchio amava dire che gli Stati non si governano con i paternostri e questa mia illusione ha tutta l’aria di essere una giaculatoria.

Ormai è tempo di prenderne atto e un liberale – quale sono fino alle midolla – ha il dovere di non illudersi e guardare fino in fondo la realtà effettuale che è questa: dalla politica dei partiti, che non esistono più, non può venire nulla di buono e ciò che resta sono le istituzioni nude e crude e il nostro dovere quotidiano, quasi come una preghiera laica hegeliana, è quello di svolgere un lavoro culturale o, se volete, culturale-politico per evitare gli abusi di potere e custodire ciò che resta delle nostre libertà. Potrà sembrare un po’ poco; tuttavia, mi sembra già tantissimo per chi, come me, è stato educato alla concretezza del senso del dovere e non alle baggianate sociologiche di chi si interroga, pensoso e tonto, su dove va il mondo.

I partiti populisti – vuoi sovranisti, vuoi comunisti, vuoi nazionalisti, tutti con scoperti istinti illiberali e autoritari – vengono a noi come gli avversari e i nemici della partitocrazia, mentre ne sono l’ultima e più demonica incarnazione. I cosiddetti partiti antisistema sono proprio la partitocrazia portata alle estreme conseguenze e, in particolare, il M5S, con vittimismo, giustizialismo, antiparlamentarismo è l’organizzazione politica, sociale, informatica dell’antiliberalismo. Questi partiti – che si son fatti sistema ossia hanno intrecciato relazioni – sono solo gestori e creatori di risentimento e risentimento delle peggior specie: ossia non quello delle emozioni a suo modo sincero ma l’altro, artificioso, che i giovani uomini politici come, ad esempio, Luigi Di Maio, alimentano intellettivamente.