EconomiaInflazione

Banche Centrali: come funamboli sul filo dell’inflazione

Erano le 7,15 del mattino del 7 agosto 1974 quando Philippe Petit salì sul tetto di una delle Twin Towers e fece avanti e indietro per otto volte sul cavo di acciaio lungo 60 metri, utilizzando un’asta per tenersi in equilibrio.

Camminò, si sdraiò sul filo, si inginocchiò e salutò gli spettatori accorsi a vederlo 400 metri più in basso, e alla fine fu arrestato dalla polizia di New York.

E ai poliziotti disse: “Quando vedo tre arance faccio il giocoliere, quando vedo due torri ho voglia di passare da una all’altra”.

Lo stesso esercizio di funambolismo lo stanno compiendo le banche centrali nel mondo, in particolare la Fed e la Bce, impegnate nella difficilissima traversata da una politica monetaria espansiva, che durava sostanzialmente dalla crisi finanziaria del 2008 (salvo la parentesi del 2016-2018 ma solo negli Usa) , a una restrittiva, che è partita nella primavera di quest’anno quando le banche centrali hanno iniziato a rialzare i tassi di interesse.

E come il funambolo Petit anche le banche centrali non possono permettersi errori, un passo sbagliato e si cade con tutte le conseguenze.

Sia la Federal Reserve che la Bce hanno confermato proprio in questi giorni che la priorità degli istituti è quella di sconfiggere l’inflazione, il genio (non buono) uscito dalla lampada e che non vuole rientrarci, costasse anche la recessione delle economie.

Il punto è proprio questo: riuscire – rialzando i tassi – a rallentare il passo dell’inflazione senza arrivare a una recessione profonda; cercare quindi quel soft landing (atterraggio morbido) dell’economia al posto di un hard landing dalle incerte conseguenze.

Insomma evitare di arrivare a quella battuta che diceva: l’operazione è perfettamente riuscita ma il paziente è morto.

Il Grillo Parlante

Come ho scritto ripetutamente in questi mesi il tema dei temi è l’inflazione; e mentre tra un paio di settimane ricorre il 49° anniversario  dell’avvio delle  domeniche  a  piedi  in  Italia, la  famosa austerity, dopo tanti anni ci ritroviamo a fare i conti con l’aumento violento dei costi dell’energia e di tanti altri prodotti.

È proprio di questi giorni l’Istat annuncia che l’aumento dei prezzi rilevati ad Ottobre segna un incremento dell’11,8% su base annua ma soprattutto, il carrello della spesa registra un +12,6%, un dato che non si vedeva dal 1983.

Gli italiani, e le donne italiane in particolare hanno compreso perfettamente la portata di questo cambiamento e hanno mutato i propri comportamenti di acquisto, diventando molto più attenti nella selezione dei prodotti che vanno ad acquistare, cercando di destreggiarsi tra offerte e sconti senza rinunciare alla qualità.

Ma se le donne italiane hanno mostrato saggezza e pragmatismo altrettanto non si può dire per quei risparmiatori italiani (e non sono pochi) che continuano a detenere somme esorbitanti sui conti correnti rispetto alle loro effettive esigenze di liquidità.

Come ho scritto tempo fa tutti ricordiamo ancora l’estate del’92 quando il Presidente del Consiglio Giuliano Amato applicò il famigerato prelievo forzoso del 6 per mille sulle giacenze in conto corrente.

Quel provvedimento ancora brucia sulla nostra pelle a tanti anni di distanza  mentre non proviamo nessun dolore per quell’altrettanto forzoso prelievo che l’inflazione compie prelevando dai nostri c/c non lo 0,6% ma ben il 12%!!!

Proprio oggi che potremmo invece, dopo tanti anni, investire in obbligazioni a tassi di rendimento che non si riscontravano da almeno dieci anni.

Massimiliano Maccari, 20 novembre 2022

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