Economia

Brexit dopo 4 anni

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Era esattamente il 23 giugno 2016, quando a seguito del referendum indetto da Cameron, l’allora Primo Ministro della Gran Bretagna, le urne decretano la volontà del popolo britannico di uscire dall’Unione Europea, la vittoria dei Leave (51,9%) sui Remain (48,1%)

Inutile dire che il clamore è tale da investire e preoccupare l’intero pianeta.

Mai l’Europa si sarebbe sognata di dover affrontare un evento di tale portata che ancora oggi, a distanza di 4 anni, è in fase di definizione. I tanti segnali di malumore che Cameron, contrario all’uscita dall’Europa, ha cercato di far comprendere a Bruxelles nei suoi tanti tentativi di mediazione non sono stati ben recepiti da quest’ultima.

Il Parlamento britannico si era diviso in due fazioni:

– Remain, dove erano schierati i  laburisti, i liberal democratici, i verdi, i nazionalisti scozzesi e parte dei conservatori;

– Leave, dove erano presenti  Boris Johnson a capo dell’altra frangia dei conservatori, Ukip e Farage.

Le inevitabili ripercussioni politiche producono  le  scontate e obbligate dimissioni di Cameron, è infatti la May, suo successore, a notificare a Bruxelles quanto approvato dal Parlamento Britannico.

La procedura ufficiale di uscita come previsto dall’art. 50 del Trattato di Maastricht si è di fatto avviata.

I dibattiti politici proseguono anche nella fase successiva, dei due anni della finestra temporale, spazio necessario a dare la possibilità al  paese anglosassone di ritornare sulle proprie decisioni, ma le controversie politiche sempre più acute, trovano conclusione  con la caduta del Governo di Theresa May e l’indizione delle elezioni anticipate che decretano il trionfo di Boris Johnson, attuale Primo Ministro Britannico.

Con la vittoria di Johnson la Gran Bretagna finalmente giunge all’intesa e al Consiglio Europeo non resta che approvare l’uscita  dall’Unione Europea.
I contraccolpi nei mercati finanziari sono immediati e  di portata memorabile, Piazza Affari registra una chiusura del -12,48%,   le altre borse europee non sono da meno,  il sistema bancario è il più a risentirne con una perdita del 20%.

Secondo le Agenzie di Rating la Gran Bretagna aveva appena effettuato un grande e pericoloso salto nel buio.

Dalla data del 31 gennaio 2020, di fatto la Gran Bretagna, non fa più parte dell’Unione Europea.

Oggi è ancora difficile fare una valutazione positiva o negativa di tale  sia perché il periodo di transizione scade il 31/12/2020 e molti degli aspetti riguardanti la libera circolazione di persone e merci ancora non ha subito modifiche evidenti, sia perché la pandemia da Covid19 ha appesantito ulteriormente la flessione dell’economia del paese.

La speranza dei vertici europei è  in una richiesta di proroga da  parte del Governo Britannico per non perdere un paese da sempre cosi rilevante nel panorama economico  ma il  guardare di quest’ultimo  con fiducia  all’America di Trump fa  presagire ad una scelta irreversibile tantomeno ad una  richiesta di proroga.

E’ di entrambi l’ interesse affinchè si raggiunga un accordo il meno doloroso possibile: l’Europa, perché verrebbero meno molti degli interessi con la Gran Bretagna con la perdita di quella che è la  seconda potenza economica e militare nell’UE dopo la Germania, oltre ai km di territorio; per la Gran Bretagna perché un’uscita poco morbida potrebbe causarle  un ulteriore aggravio al PIL del paese già compromesso dalla pandemia sceso a -11%, aggiungere anche il  Brexit significherebbe metterebbe il paese in ginocchio e, il tutto si riverserebbe  sulle persone e le imprese.

Davanti a tale scenario  una politica più che responsabile è cosa saggia e auspicabile da parte di entrambi.

Gli effetti veri del Brexit si inizieranno a vedere dal 1 gennaio 2021 quando per varcare il confine britannico sarà necessario munirsi di   passaporto, quando  lo scambio di beni e servizi subirà nette limitazioni e quando entrerà in vigore  il nuovo regime sull’immigrazione.

L’uscita definitiva della Gran Bretagna sarà gestita  dalla Merkel presidente di turno nel prossimo semestre, un’operazione che mette in luce quanto il Progetto Europa mostri delle falle e debolezze,  va altresi sottolineato che gli inglesi da sempre, sin dall’inizio,  hanno nutrito forti perplessità riguardo la creazione di un Super Stato Europeo.

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