Economia

Dal blocco licenziamenti al nuovo contratto di rioccupazione: come sta cambiando il lavoro?

Per arginare l’effetto tsunami previsto dopo il 30 giugno 2021 e garantire stabilità ai lavoratori, attraverso il Decreto Sostegni bis si affaccia nel nostro ordinamento giuslavoristico un nuovo contratto di lavoro.

 

Alla fine la tanto attesa proroga del blocco dei licenziamenti non ha trovato conferma nell’ultimo Decreto Sostegni bis, varato dal Consiglio dei Ministri che prevede il blocco dei licenziamenti fino al 30 giugno 2021.

E’ dato  di fatto quindi che dal 1 luglio le imprese che usciranno dalla CIG COVID-19  non saranno più obbligate al divieto di licenziamento, mentre quelle  imprese che vorranno utilizzare la cassa integrazione ordinaria dal 1 luglio, automaticamente si vedranno esentate dal pagare il contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021 che però, farà scattare, l’impegno da parte delle stesse al  blocco dei licenziamenti.

Il dibattito anche molto acceso sul blocco dei licenziamenti si è protratto per un lungo periodo di tempo e, alla fine ha trovato la sua conclusione nel Decreto Sostegni bis che invece si orienta più  verso gli incentivi alle assunzioni, forte della preoccupazione che una proroga del blocco licenziamenti potrebbe causare effetti controproducenti al riavvio delle imprese andando ad appesantire tale processo che non porterebbe vantaggi nè al datore di lavoro, né al lavoratore.

Ma cosa era o, cos’è, il blocco dei licenziamenti, si tratta di quella misura introdotta con il decreto legge 18 del 2020, estesa fino al 30 giugno 2021, che di fatto vieta la facoltà al datore di lavoro di procedere al licenziamento dei dipendenti:

  • per le procedure di individuazione dei lavoratori da mettere in mobilità;
  • di licenziamenti collettivi cioè quella procedura che aziende con più di 15 dipendenti mettono in atto quando vogliono procedere ad una  riduzione, trasformazione o cessazione della attività produttiva;  
  • individuale per giustificato motivo oggettivo solitamente per motivi economici.

La politica dell’esecutivo Draghi è orientata si, verso  il rilancio del mercato del lavoro ma attraverso quegli incentivi per l’occupazione che vadano in aiuto ai  disoccupati soprattutto giovani, attraverso l’introduzione di  sgravi fiscali sulle nuove assunzioni come il cosiddetto “Contratto di Rioccupazione”.

Se dal 1 luglio ci sarà la ripresa dei licenziamenti nella speranza che riguardi un numero inferiore rispetto allo tsunami  che ci si aspetta, per attutirne l’impatto, il governo Draghi ha provveduto con delle opportune  misure come per i due settori più colpiti dalla pandemia che sono stati il commercio e il turismo prevedendo  uno sgravio totale a coloro che riconfermeranno i lavoratori usciti dal lungo periodo di cassa integrazione covid, anziché licenziarli.

Tornando al  contratto di rioccupazione che  partirà dal 1 luglio, si tratta di un  incentivo per le assunzioni introdotto in via straordinaria a causa della pandemia da Covid 19 e varrà soltanto per le assunzioni a tempo indeterminato e per le assunzioni effettuate nel periodo dal 1 luglio al 31 ottobre 2021.

Nello specifico, si tratta di un esonero pari al 100% dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro per un periodo massimo di 6 mesi, nel limite massimo di 6.000 euro annui, riparametrati su base mensile.

 

È indirizzata a tutti i settori lavorativi non solo a quello che hanno   subito maggiormente le conseguenze del covid, ed è legato alla formazione, difatti il dipendente dovrà essere formato dall’azienda la quale al termine del periodo stabilito potrà decidere se confermarlo o meno, al termine del periodo dell’inserimento le parti possono recedere comunque dal contratto,  se, nessuna delle due parti recede allora il rapporto di lavoro prosegue come lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Non possono comunque usufruire di questo strumento i datori di lavoro che nei sei mesi precedenti all’ assunzione hanno proceduto a licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, o, a licenziamenti collettivi.  

Questo intervento vuole dare stabilità lavorativa ai lavoratori, andando a risolvere in parte il precariato e a ridurre la disoccupazione in forte aumento nell’ultimo anno, precisando che non sono contemplati i rapporti di lavoro basati su contratti a tempo determinato o flessibili proprio perché non garantiscono stabilizzazione e certezza lavorativa.

Un nuovo contratto di lavoro entra nell’ordinamento giuslavoristico.

 

Lorena Polidori

 

 

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