Economia

L’Inflazione? È la patrimoniale per ripagare il Debito Pubblico

Rassegna stampa del 2 marzo 2019

Economia

L’inflazione? E’ il nuovo nome dato alla patrimoniale sui nostri conti correnti. Il 6% circa di patrimoniale, un 6% che, in questo momento, con i tassi d’interesse così bassi rappresenta l’occasione, finanziaria, di farci pagare, finché si può, una quota importante di debito pubblico.

Solo due giorni fa abbiamo avuto l’opportunità di conoscere il dato aggiornato dell’inflazione a livello europeo, dato fissato al 6,2% e che si avvicina molto a quello italiano (per ora al 5,9%), mentre è ancora lontano da quello americano al 7,2%.

Contemporaneamente i tassi sono rimasti quelli di sempre, quelli ufficiali sono prossimi allo zero per ciò che attiene ai paesi europei, mentre sono stati rialzati di un quarto di punto dalla Federal Reserve americana. Ma in realtà la differenza che esiste tra i tassi ufficiali di sconto e l’inflazione rappresenta la quota che noi stiamo “ripagando” di debito pubblico, una condizione che quindi fa comodo a governi e ad istituzioni finanziarie internazionali.

Ciò è ancora più vero per stati come l’Italia il cui livello di indebitamento è giustificabile solo con la crisi che stiamo vivendo e che rischia di produrre livelli di preoccupazione finanziaria ed economica altissimi, nel momento in cui anche la crisi bellica, dopo quella sanitaria, dovesse rientrare.

 

Sta di fatto che famiglie ed imprese stanno pagando un prezzo salatissimo dovuto proprio agli effetti inflattivi di cui parlavamo prima. Non è affatto scorretto o sbagliato paragonare questa inflazione così forte (e nelle prossime settimane non potrà che salire ancora) ad una vera e propria tassa patrimoniale. Ma basta cambiare il nome alla tassa stessa, chiamandola inflazione invece che patrimoniale, che quasi nessuno si scandalizza più.

A conti fatti, alla fine di quest’anno, con i parametri inflattivi attuali i 1.800 miliardi di denaro presente in conto corrente nel nostro paese, registreranno un “prelievo forzoso” pari a 5 e mezzo miliardi circa.

Ma detta così sembrerebbe quasi una cosa lontana dalle nostre tasche. Ed allora proviamo a fare un esempio concreto rispetto a 3 conti correnti, quelli di Andrea, Roberta e Nicola.

Andrea ha 100.000 euro in conto corrente. Il suo prelievo forzoso sarà di 5.000 euro.
Roberta che ha messo da parte un po’ di più, 130.000 euro, si vedrà prelevare 6.500 euro.
Nicola che invece ha sul conto 70.000 euro subirà una decurtazione di 3.500 euro.

 

Insomma, a leggerla così, e non c’è niente di sbagliato, ci si rende veramente conto di quelli che sono gli effetti dell’inflazione/patrimoniale che stiamo subendo. Non può essere una questione di nome, non possono cambiare le cose se parlo di patrimoniale o se parlo di inflazione.

Quello che conta purtroppo è il bilancio finale, ed il bilancio purtroppo, sarà sempre più negativo per chi continuerà a fare scelte, o non scelte, che lo metteranno in condizione di subire tutti gli effetti di un quadro economico nazionale ed internazionale che si fa sempre più difficile da decifrare e che per questo necessita di specifiche qualità professionali. Ci vogliono guide preparate, non c’è dubbio, altrimenti i danni saranno sempre più ingenti.

Leopoldo Gasbarro, 19 marzo 2022

 

 

 

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