Economia

Lo Smart Working del prossimo futuro

Il lavoro da remoto meglio conosciuto come smart working,  anche se avviato in emergenza e non ancora normato, ha incontrato soddisfazione tra una percentuale di lavoratori, nei vari coordinamenti tra uffici, nei carichi di lavoro e soprattutto nella più agevole gestione lavoro e  famiglia, di contro, anche molta insoddisfazione, soprattutto di carattere pratico non avendo a disposizione la maggior parte dei lavoratori, di una strumentazione efficace ed adeguata.

Il risultato definitivo però è che la maggioranza vorrebbe interrompere lo smart working, mentre una minoranza continuare a lavorare sempre da casa.

Sappiamo che durante la pandemia il lavoro agile ha avuto un’accelerazione formidabile, insomma il lavoro a distanza o, lo smart working come lo si vuole definire  per il mondo del lavoro è tutto un capitolo da affrontare, più che altro da regolare o, normare,  perché questo sistema di lavoro proseguirà anche dopo la pandemia, e, il mercato del lavoro si troverà ad avere a che fare con una sorta di “lavoro ibrido”, cioè un po’ a distanza e un po’ fisicamente in presenza   nei posti di lavoro, laddove ovviamente i lavori o determinate attività produttive lo consentono.    

Il covid-19, ha contribuito ad accelerare dei fenomeni sociali, economici e sanitari che se osservati dal punto di vista del lavoro segna un eclatante risultato, quello appunto del lavoro agile, praticato però, soprattutto all’80% nella pubblica amministrazione e nel lavoro impiegatizio in generale.

Di fatto, però, ci troviamo davanti ad un lavoro agile anomalo, il vero smart working è proprio un’altra cosa, che si presume venga svolto sia in presenza, sia a distanza ma, presuppone principalmente la riorganizzazione di tutti i modelli di impresa, tanto che già si parla che sarà una modalità strutturale quindi che coinvolgerà una parte del mondo del lavoro, qualcuno stima sarà un 20 o 30 per cento del lavoro e, che riguarderà lavori intellettuali, lavori tecnici, lavori che si possono fare a distanza ma è fondamentale che la parte di questi lavoratori coinvolti in remoto, dovranno avere la possibilità di vedersi il lavoro meglio definito sotto l’aspetto contrattuale.

E’ pur vero che alcuni principi sono stati fissati e, ripresi recentemente in alcune contrattazioni, ma sono ancora troppo deboli, non è sufficiente dire che trattasi  di un lavoro dipendente e, che ha le stesse caratteristiche a parità di mansione di quello svolto in presenza,  non basta dire che si tratta di avere il diritto alla disconnessione,  bisogna capire e far capire della necessità, dell’ esigenza e importanza che nei contratti nazionali vi sia una descrizione puntuale e precisa  della nuova modalità organizzativa del lavoro,  perché nel  lavoro agile si incrociano vantaggi e svantaggi.

Questa nuova modalità di operare da casa ha contribuito da una parte a registrare cali di richieste di malattie brevi, ma al contempo ai lavoratori non sono stati più riconosciuti straordinari o buoni pasto, traendo come vantaggio che il diritto di disconnessione permette di starsene al proprio domicilio e curare il proprio ambiente familiare, tra gli svantaggi invece, si rischia di creare una sorta di discriminazione di genere perchè visto e riconosciuto in prevalenza al genere femminile, mentre deve essere equamente ripartito e, al tempo stesso è un lavoro che in parte dovrebbe essere svolto in presenza.

Si presuppone perché determinante, anche un cambio di passo a livello culturale da parte di chi dirige le imprese che deve avere attitudine a conciliare questa nuova modalità, il cambiamento sarà molto importante, ci saranno costi e benefici e cambierà l’attenzione al risultato che non sarà più legato al tempo ma agli obiettivi e, con esso anche la contrattazione decentrata di premio e di produttività.

E’ decisamente un effetto alquanto pesante e profondo non per niente superficiale e transitorio, un vero e proprio cambio di atteggiamento.

D’altra parte bisogna riconoscere ed attribuire al lavoro agile la riscoperta di molte occupazioni come ad esempio gli addetti alle vendite non al dettaglio, gli agenti immobiliari che non hanno addirittura bisogno della laurea e possono essere svolte direttamente da casa, ma anche di altre attività lavorative visto che è riuscito ad entrare nel settore del manifatturiero, nello stoccaggio, e nella  distribuzione, infatti, il dipendente impiegato in questi ruoli, grazie alla nuova e avanzata tecnologia riesce a pianificare e dirigere il sistema dei trasporti e stoccaggio delle merci e gestire la loro distribuzione anche a distanza.

E’ invece soprattutto l’industria  che deve trovare il modo di affrontare il lavoro da remoto per evitare di trovarsi impreparata nei momenti di emergenza e quanto mai inaspettati come accaduto durante la pandemia, e che si registri nuovamente un calo consistente della produzione fino a quasi il 90%,  e qui, in questa sfida, i cosiddetti Competence Center troveranno terreno fertile, nati  proprio per supportare le imprese e offrire loro tutti gli strumenti e le competenze necessarie ed adeguate a operare la trasformazione digitale, nel processo 4.0, magari, ad esempio, attraverso l’introduzione dello Smart Factory o fabbrica intelligente, tecnologie che entrano nei processi produttivi aziendali raccogliendo dati essenziali che possano permettere con le nuove strumentazioni di interagire da remoto, è un percorso che le imprese italiane dovranno compiere per poter integrare  tutti i processi produttivi all’interno della fabbrica ed essere gestiti a distanza, potenziando i meccanismi di automazione, migliorando la collaborazione tra persone, macchine e software.

Per concludere se lo smart working per certi aspetti ha allontanato i lavoratori dagli uffici, molti di loro li ha avvicinati cosi tanto alla natura da inaugurare una nuova realtà nel mondo del lavoro, quella dei nomadi da smart working, o natural smart working,  un sistema di lavoro per chi è stanco della vita cittadina, e progetta di starsene a contatto con la natura proseguendo la sua attività professionale con tutt’altra visuale e, qui entrano in gioco chi offre e organizza soggiorni lavorativi in aziende agricole, nei piccoli borghi mettendo a disposizione vitto e alloggio, favorendo la nascita di piattaforme che uniscono lavoro e alloggio gratuito, un modo anche per ripopolare borghi e zone che sono andate via via desertificandosi con gli anni che porterà  ad un lavoro nel prossimo futuro sempre più green e digitale.

 

 

Lorena Polidori

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