Economia

Perché l’Italia non sarà digitale

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Sono tre i principali fattori che impediscono all’Italia di essere un Paese digitale nel breve periodo: normativi/istituzionali, culturali, infrastrutturali. Dalla semplificazione, alla gestione del dato, dall’anagrafe vaccinale alla rete internet veloce, dalla disponibilità di strumenti tecnologici alle competenze digitali, le criticità sono numerose e incidono a macchia di leopardo sul territorio, producendo un Paese a due o più velocità che rischia di accusare non solo un gap tecnologico ma uno civile, in cui la crescita deve essere strutturale e non solo congiunturale “di rimbalzo” attorno al 5% come quella prevista per il 2021.

 

Proprio in questi giorni, a tempo di record, l’Unione Europea e l’Italia hanno approvato le norme e avviato le infrastrutture tecniche per il green pass, in formato cartaceo e digitale, a partire proprio dal sito, dalla piattaforma e dall’interoperabilità con le app (in Italia Immuni e IO). Tutto bene e tutto bello, salvo eventuali problemi relativi alla privacy, per il momento. Eppure, nonostante questo scatto in avanti, accompagnato anche da alcuni evidenti miglioramenti negli indicatori generali, non possiamo non pensare che l’Italia non sarà digitalizzata, almeno in tempi brevi.

 

I motivi a questo proposito sono almeno tre: normativi/istituzionali, culturali, infrastrutturali.

La frammentazione delle competenze tra i vari enti: centrali, territoriali e locali, le agenzie specializzate e l’enorme (quanto necessaria allo stato attuale) produzione normativa secondaria (dall’inizio della legislatura sono stati previsti ben 1185 decreti attuativi buona parte dei quali attendono ancora di essere applicati), rendono alquanto difficoltosa la realizzazione di qualsivoglia intelaiatura comune snella ed efficiente.

In un simile contesto, è difficile anche immaginare una vera semplificazione normativa, amministrativa e burocratica che rallenta la ripresa e produce effetti negativi ad imprese e cittadini.

Nell’ambito sanitario, poi, questo freno trova una delle sue massime espressioni anche, e soprattutto, a causa del peccato originale che è stata quell’ormai famigerata riforma del Titolo V della Costituzione che ha frammentato il sistema sanitario nazionale in altrettanti, eterogenei tra loro, sistemi regionali. Negli ultimi vent’anni, quanto fatto è stato da più parti spiegato come uno dei più palesi esempi di cattiva riforma, ciò che però continua a creare numerosi problemi ed essere tra gli impedimenti della digitalizzazione del Paese.

Da mesi, ormai, cerchiamo invano di tracciare i contagiati da covid e ora abbiamo difficoltà anche nel gestire il piano di vaccinazione di massa per l’assenza di una anagrafe vaccinale nazionale che è stata invocata solo dopo che il problema si era presentato. A questo proposito, poco serve anche il fascicolo sanitario elettronico, anch’esso frammentato perché gestito dalle regioni e sostanzialmente mancante di una vera interoperabilità, che si potrebbe prestare con l’ausilio di altri strumenti ad assolvere a questo compito.

Il problema dell’acquisizione e della gestione dei dati non riguarda certo solo l’ambito sanitario ma è uno dei punti critici relativi a molti altri settori, determinandone arretratezza ed ostacoli allo sviluppo. Tutta la PA nel suo insieme denuncia gravi limiti in termini di digitalizzazione, competenze e “procedure cartacee”, con evidenti riflessi sulla semplificazione e velocizzazione delle procedure. Il processo di dematerializzazione era stato avviato già negli anni Novanta dalla famosa Legge Bassanini ma è all’inizio dei Duemila che con il Codice dell’amministrazione digitale che la digitalizzazione della PA si è dotata di una norma quadro. Al momento, però, nonostante gli sforzi, e i miglioramenti, l’implementazione delle buone intenzioni è ancora limitata. Tra l’altro, la digitalizzazione, rispetto alla dematerializzazione, inoltre, è un concetto che indica un intervento molto più ampio e per certi aspetti complesso, organizzativo e “radicale”. Esso implica quasi una “reingegnerizzazione” dei processi interni alla Pubblica Amministrazione così da cambiare sia la gestione interna sia la natura del servizio fornito al cittadino. L’Italia è un Paese ancora molto legato alle procedure cartacee, e spesso alla moltiplicazione di esse, basti pensare a quanti moduli dobbiamo compilare (e in quante copie) per la fruizione di qualsiasi servizio pubblico.

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