Economia

Ripensiamo il “data analytics approach” per rilanciare il turismo digitale

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L’impatto del coronavirus è destinato a creare mutamenti profondi e permanenti sia dal punto di vista sociale sia da quello economico, accelerando alcuni dei fenomeni già avviatisi da tempo, e creando nuovi dislivelli e nuove opportunità. Nel settore turistico, l’impatto è stato particolarmente evidente ma quanto avvenuto ci sta offrendo (almeno) l’opportunità di ripensare a quale modello tecnologico ispirarci per la (si spera non lontana) ripartenza a pieno regime delle attività.

Nello specifico, ci dobbiamo interrogare su quale debba essere il ruolo della big data analytics, non tanto per le grandi OTA che già ne fanno largamente uso, ma per tutte quelle realtà di medie e piccole dimensioni che sono numerosissime soprattutto nel panorama italiano. L’obiettivo ambizioso è sia quello di ridurre il data divide sia di ristabilire la neutralità tecnologica, nel senso di permetterne l’accesso e il pieno utilizzo delle più avanzate tecnologie a tutti gli operatori della filiera turistica a prescindere dalle loro dimensioni.

L’Italia, infatti, è un Paese che ha fondato la propria fortuna sul modello delle PmI, in ogni settore, ed è dal sostegno a questo ecosistema che deve ripartire. A tal proposito, va tenuto in debito conto che ad emergere dalla pandemia non saranno solo le imprese resilienti ma soprattutto quelle che, in virtù della capacità di governare i dati e di estrarne informazioni, saranno in grado di elaborare le strategie di medio periodo più efficaci.

In questa, come intuitivamente anche per la successiva, fase gli elementi trasversali per la costruzione delle opportunità di rilancio economico saranno l’accelerazione delle iniziative basate sull’intelligenza artificiale e il data driven, ovvero lo sviluppo di soluzioni in grado di archiviare e lavorare grandi quantità di dati unitamente all’interconnessione degli oggetti, internet of things, che si svilupperanno esponenzialmente già a partire dal prossimo biennio.

Un approccio “data oriented”, magari condiviso e un po’ meno competitivo tra gli operatori, può rivelarsi vincente per un settore tradizionalmente molto frammentato e tendenzialmente artigianale.

Nell’offerta turistica italiana integrata delle prossime stagioni sarà competitivamente determinante sviluppare una completa “capacità predittiva” di tendenze e comportamenti sfruttando l’analisi  dei big data e sviluppando il più possibile il modello di “una vacanza per ciascuno”, ovvero di una vacanza personalizzata tarata con contenuti su misura.

Da anni sottolineo il valore e l’importanza strategica dei dati, tanto da definirli in più occasioni come “l’oro nero dell’economia digitale”: ebbene, è venuto il momento per le imprese turistiche italiane di mettere a frutto per tutta la filiera l’enorme valore che questi rappresentano soprattutto in virtù di un ecosistema e di una ricchezza culturale e paesaggistica unica nel suo genere.

L’elaborazione e l’aggregazione delle informazioni può solo facilitare la creazione di un’offerta ricca e coerente con le meraviglie del nostro Paese alla quale tutti gli operatori possono contemporaneamente contribuire e attingere, prestando però sempre il massimo dell’attenzione alla tutela della privacy in ottemperanza con le più avanzate norme nazionali, europee ed internazionali.

Nel turismo digitale post covid del prossimo decennio le bellezze che tutti ci riconoscono non saranno più sufficienti a garantire la sostenibilità di tutta la filiera, è necessario che le strategie di promozione vengano supportate dagli strumenti digitali e dall’offerta di una user experience “unica e soddisfacente” in grado di valorizzare le eccellenze di cui disponiamo.

 

Maurizio Pimpinella

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