Economia

Risparmio: fondi e gestioni patrimoniali, le soluzioni senza pensieri

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La finanza moderna ha avuto un grosso merito, soprattutto dal post-Lehman in avanti ed è quello di aver reso le esigenze dei risparmiatori più inclini a delegare la gestione dei patrimoni ad SGR (società di gestione del risparmio) o banche piuttosto che operare in autonomia.

Ciò naturalmente ha spinto chi si occupa di normativa a regolamentare la gestione dei risparmi in modo tale da rispondere alle esigenze degli investitori ed al loro profilo di rischio, di conseguenza banche ed investments companies si sono adeguate offendo non solo consulenza patrimoniale ma servizi sempre più evoluti mirati ad alleggerire le “preoccupazioni” dei clienti per quanto riguarda il futuro dei loro patrimoni.

In questo contesto è cresciuto in misura esponenziale il cosiddetto risparmio gestito che non è altro se non una delega quasi totale alla gestione dei patrimoni dei clienti a banche società regolata da paletti rappresentati dai profili di rischio degli investitori che fungono da binari all’interno dei quali i gestori devono rientrare una volta acquisiti i questionari dei clienti.

I vantaggi di questo tipo di gestione del patrimonio sono lampanti, innanzitutto perché liberano i clienti da stress patrimoniale, ossia la costante ossessione di controllare maniacalmente gli investimenti ogni 24 ore ma soprattutto perché, avendo comunicato la propria propensione al rischio, ogni risparmiatore conosce ab origine le eventuali perfomances del proprio capitale conferito in gestione.

Naturalmente questo genere di scelta di gestione del patrimonio ha dei costi che sono definiti appunto costi di gestione e che rappresentano tutto il lavoro che viene svolto dietro le quinte dagli operatori che ogni giorno sono sui mercati, i rischi cui le società e le banche si assumono avendo ricevuto deleghe quasi in bianco dai clienti per la gestione dei loro capitali e tutti gli adempimenti di amministrazione e fiscali che comporta la gestione attiva di un patrimonio. È un po’ come quando diamo in amministrazione un patrimonio immobiliare a persone o società che si occupano di gestire dalla A alla Z i nostri immobili, e naturalmente paghiamo per questi servizi.

Nell’ambito di scelte di questo tipo le soluzioni proposte sono in larga parte costitute da gestioni patrimoniali (GPM e GPF) e fondi d’investimento e sicav (società d’investimento a capitale variabile), tre modi differenti di gestire il patrimonio che possono essere naturalmente anche adottate tutte insieme previa conoscenza dei costi da sostenere e delle strategie che si intende porre in atto propedeutiche ai fini per i quali si sceglie una soluzione piuttosto che un’altra.

Entriamo nei dettagli ed analizziamo le caratteristiche principali di questi strumenti, al fine di comprendere quali di essi fa al caso di ognuno di noi, tra i quali su tutti i fondi d’investimento sono preferiti, soprattutto per la rapidità di smobilizzo in caso di necessità, di solito 3/4 giorni lavorativi, ma anche per le infinite soluzioni modulabili su misura considerando le innumerevoli società d’investimenti e gli infiniti comparti o settori offerti da ognuna di esse.

I fondi comuni d’investimento, questa la definizione, sono tali in quanto costituiti da patrimoni di più risparmiatori che attraverso l’acquisto di quote (parte in un patrimonio totale) conferiscono alla società un mandato a gestire i capitali il cui asset (obbligazioni, azioni, liquidità ed altri strumenti) è demandato alla SGR stessa giorno per giorno; più chiaramente possiamo affermare che gli investitori acquistando le quote di un fondo partecipano indirettamente alle performances dello stesso in quanto gestito in maniera unica, pertanto tutti i sottoscrittori saranno legati ai medesimi risultati dello specifico fondo e di conseguenza del comparto sottoscritto.

 

Una importate distinzione da considerare, in termini di rischio naturalmente, è la classificazione degli stessi in fondi armonizzati UE e fondi non armonizzati UE in quanto per i primi vi sono dei parametri massimi cui le società devono attenersi finalizzati al contenimento del rischio, cosa che non accade per i non armonizzati per i quali non vi sono vincoli e naturalmente hanno un livello intrinseco di rischio maggiore.

Ma ciò che fa dei fondi lo strumento preferito dai risparmiatori obbligazionari dell’era pre-Lehman (di solito riluttanti al risparmio gestito) è la possibilità di sottoscriverne a distribuzione di proventi (qualora ve ne siano) che sostituiscono la classica cedola obbligazionaria; scelta alternativa, soprattutto per chi considera il medio/lungo termine è l’opzione ad accumulazione di proventi che vengono ovviamente reinvestiti.

Parallelamente ai fondi uno strumento particolarmente interessante è rappresentato dalle sicav (società d’investimento a capitale variabile) così denominate perché, a differenza dei fondi (che sono partecipazioni tramite quote), il capitale della società è costituito dalle sottoscrizioni degli investitori che ne diventano soci tramite azioni ed acquisiscono tutti i diritti relativi a tale status giuridico.

Fondamentalmente le sicav sono analoghe ai fondi (con relative strategie e comparti); ciò che cambia è lo status giuridico dei sottoscrittori ed il metodo di tassazione dei proventi, per i fondi il prelievo avviene giornalmente mentre per le sicav soltanto a profitto acquisito, ovvero dopo la vendita delle azioni possedute, e ciò è un vantaggio non indifferente se si pensa soltanto alla volatilità dei mercati in particolari momenti.

 

Veniamo quindi alle gestioni patrimoniali che come la stessa definizione suggerisce sono delle gestioni personalizzate dei patrimoni o contenitori all’interno dei quali abbiamo degli asset di solito precostituiti dalle banche o società sulla base dei mandati conferiti dai clienti ed anche tenendo conto ai profili di rischio più comuni, ovvero alto, medio e basso.

La differenza sostanziale in confronto alle precedenti forme d’investimento è data dal fatto che le banche e le società con le gestioni patrimoniali si impegnano a perseguire lo specifico interesse del cliente contrariamente a quanto accade per fondi e sicav la cui gestione è collettiva. Ciò non significa che fondi e sicav non perseguano scopi di accrescimento del patrimonio bensì che i sottoscrittori beneficiano delle strategie volte ad accrescere il patrimonio totale delle società.

Le gestioni, proprio perché appunto personalizzate, hanno dei costi leggermente maggiori che sono giustificati appunto da tale servizio.

In tale ambito troviamo le GPM (gestioni patrimoniali mobiliari, che investono in classici strumenti finanziari) e le GPF (gestioni patrimoniali di fondi all’interno delle quali l’asset è costituito da fondi e sicav ed a loro volta possono essere multi brand o mono brand).

Solitamente questo tipo di prodotto prevede delle soglie minime d’ingresso che possiamo definire importanti considerando i patrimoni liquidi dei risparmiatori medi.

Dal punto di vista fiscale le gestioni contemplano la compensazione delle plusvalenze e minusvalenze e ciò è un indubbio vantaggio.

 

Al termine di questa analisi, mirata ad una conoscenza di base dei citati strumenti, possiamo senza dubbio affermare che il risparmio gestito è la migliore soluzione per il problema della gestione dei patrimoni in quanto ne assorbe le incombenze e mettendo a disposizione dei clienti professionisti specializzati in materia finanziaria; un po’ come portare un’auto all’officina specializzata in alternativa al fai da te.

I costi che comportano queste soluzioni non devono spaventare ma rassicurare i clienti proprio in virtù dell’impiego di risorse, mezzi e menti che banche e società di gestione mettono in campo per tutelare i risparmi degli investitori.

Se dovessi suggerire delle strategie opterei sicuramente per le gestioni patrimoniali, soprattutto per capitali al di sopra dei 500.000 euro, ciò per il semplice fatto che si è seguiti a 360 gradi e sgravati da ogni impegno o preoccupazione.

I fondi e le sicav si prestano maggiormente ad investitori comuni o anche che masticano di finanza ed hanno ben chiare le idee in merito a fini da perseguire e strategie da seguire essendo in grado, con il supporto di un consulente, di pianificare un asset appropriato ed adeguato agli scopi.

In merito alla durata è naturale che bisogna considerare almeno il medio termine, a meno che non si voglia appunto gestire in maniera attiva un ventaglio di comparti di fondi ma ciò richiede tempo e non sempre è nella disponibilità di tutti.

 Antonino Papa, 1 giugno 2022

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