Salute

La guerra ai no vax

Il giudice “assolve” i prof no vax: “Ridate loro lo stipendio”

Il governo si è dimenticato un dettaglio. E la sentenza rischia di provocare una valanga di ricorsi

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di Paolo Becchi e Giuseppe Palma 

Il governo dell’emergenza inizia a fare acqua da tutte le parti. Di questi giorni è la notizia che la sezione lavoro del Tribunale di Treviso avrebbe riconosciuto il diritto di trentaquattro docenti sospesi, che avevano presentato ricorso contro il Ministero dell’Istruzione, ad ottenere le mensilità retributive precedentemente sospese dai decreti emanati dal governo in materia di contenimento della Covid-19.

In realtà, leggendo le motivazioni della sentenza, il Tribunale non accerta, né acclara, il diritto costituzionale alla retribuzione dei docenti sospesi, ma si limita, molto più semplicemente ma anche con grande efficacia, ad applicare un principio giuridico basilare, quello dell’abrogazione espressa di norme precedenti attraverso norme successive. Nella causa in oggetto la domanda dei ricorrenti era quella di dichiarare illegittimi i provvedimenti di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione dagli stessi impugnati: il giudice ha applicato le norme vigenti, le quali hanno sostituito con effetto retroattivo quelle precedenti, senza scomodare il dettato costituzionale. 

Nello specifico, il Tribunale richiama il decreto-legge n. 24 del 24 marzo 2022, secondo cui – scrive il giudice Massimo Galli – “devono ritenersi abrogate le norme in base alle quali era stata applicata la sanzione della sospensione dalle funzioni e dalla retribuzione per gli insegnanti inadempienti all’obbligo vaccinale”. In particolare, l’art. 8 del decreto-legge “interviene con effetto retroattivo facendo riferimento alla decorrenza dell’obbligo vaccinale dal 15 dicembre 2021 ossia da una data anteriore ai provvedimenti di sospensione che hanno attinto gli odierni ricorrenti”. 

È pur vero, scrive il Tribunale, che la vaccinazione è ritenuta dal decreto-legge “requisito essenziale per lo svolgimento delle attività didattiche a contatto con gli alunni da parte dei soggetti obbligati”, ma è altrettanto vero che il dirigente scolastico che accerti la mancata vaccinazione “dovrà utilizzare il docente inadempiente in attività di supporto alla istituzione scolastica”. Tale assunto normativo previsto dal decreto-legge n. 24/2022, sostiene il Tribunale, ha di fatto abrogato – con effetto retroattivo – le precedenti norme che prevedevano la sospensione dal lavoro e dalla retribuzione a partire dal 15 dicembre 2021. Con l’entrata in vigore della nuova normativa (dl n. 24/2022), i provvedimenti impugnati “hanno perso di attualità nel senso che non sono più supportate da un interesse giuridicamente rilevante alla pronuncia sia per quanto riguarda l’azione cautelare sia per quanto riguarda la domanda di merito, poiché devono ritenersi essere state soddisfatte dal legislatore prima ancora che in sede giudiziale”. 

Cerchiamo di fare chiarezza e di capire cosa è veramente successo. Il governo, con decreto-legge n. 172 del 26 novembre 2021, ha introdotto l’obbligo vaccinale per tutto il personale scolastico (compresi gli insegnanti), a decorrere dal 15 dicembre 2021. Il medesimo decreto prevedeva che, in caso di inosservanza dopo l’invio da parte del dirigente scolastico della comunicazione ad adempiere, il personale inadempiente fosse sospeso dal lavoro e dalla retribuzione, col solo diritto alla conservazione del posto di lavoro. Successivamente, il decreto-legge n. 24 del 24 marzo 2022, in vigore dal 1° aprile 2022, ha mutato la disciplina consentendo ai docenti sospesi di rientrare a scuola ma di essere adibiti in attività di supporto all’istituzione scolastica (cioè non a contatto con gli studenti). Tale reintegra ha comportato di conseguenza la cessazione della sospensione dalla retribuzione.

Il Tribunale di Treviso ha ritenuto che le norme di cui al decreto-legge n. 24/2022 abbiano effetto retroattivo, a decorrere non dal 1° aprile 2022 ma dal 15 dicembre 2021, avendo l’art. 8 del decreto medesimo abrogato espressamente le norme contenute nel decreto-legge del 26 novembre 2021. In punto di diritto, la decisione del Tribunale non fa una piega: lex posterior derogat priori.

In buona sostanza è successo che l’ufficio legislativo di Palazzo Chigi che redige gli atti dell’esecutivo, e successivamente i due uffici legislativi delle Camere in fase di conversione, si sono dimenticati di cristallizzare – fino al 31 marzo 2022 – gli effetti del decreto-legge del 26 novembre 2021. L’espressa abrogazione delle norme di cui al decreto-legge n. 172 / 2021 operata dall’art. 8 del decreto-legge n. 24/2022 ha così automaticamente attribuito alle nuove norme effetto retroattivo, con la conseguenza che la retribuzione dei docenti sospesi dovrà essere corrisposta ai ricorrenti non dal 1° aprile 2022 bensì dal 15 dicembre 2021 in avanti. 

Dopo questa sentenza – tecnicamente inappuntabile -, fioccheranno molti altri ricorsi con esborsi di centinaia di milioni di euro da parte dello Stato. Senza peraltro che lo Stato possa più fare nulla in quanto si tratta, come si suol dire in questi casi, di “diritti acquisiti”, cioè già maturati. Insomma, se questo è il governo dei migliori, tanto valeva tenersi quelli dei banchi a rotelle. 

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