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La legge per Hayek e Leoni

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Nel 1963, Fridrich von Hayek e Bruno Leoni si scambiano due lettere (pubblicate nel 1996 dalla rivista Il Politico, a suo tempo fondata proprio dall’economista italiano) che riguardano il ruolo delle leggi e il loro rapporto con il diritto.

L’attività legislativa nel continente europeo è soprattutto demandata ai Parlamenti.

Il sistema di common law, semplifichiamo, è al contrario figlio della tradizione, delle consuetudini, del lento codificarsi di un diritto in funzione degli accordi tra i singoli stratificatisi nei secoli.

Un tema simile lo ha affrontato, sotto prospettiva, diversa ma interessante proprio pochi giorni fa Luca Enriques sul Corriere della Sera, denunciando il totale scollamento della norma dalla realtà degli individui, e preoccupandosi di un ordinamento giuridico che tende a piegare la realtà al proprio codice.

Hayek e Leoni si conoscono da tempo, e il primo gli affida le redini della sua associazione, la Mont pelerin society. È affascinante vedere come i due liberali si confrontino su un piano così lontano, purtroppo, rispetto al quale siamo scivolati.

Oggi la norma sembra divina, dettata da un’entità superiore, calpesta sovente il buon senso e i suoi custodi sono sacerdoti intoccabili. Il suo contenuto è diventato quasi religioso.

Hayek è un convinto sostenitore della common law, ne elenca i numerosi meriti, ed è preoccupato dalla creazione artificiale del diritto. Leoni, se vogliamo, è ancora più estremista. E si preoccupa del fatto che la legislazione, il diritto nato dal processo parlamentare, nasca da un vulnus: “la rappresentatività, la democrazia, sono un mito della nostra epoca, esattamente come lo era la provvidenza nel Medioevo”.

Insomma Leoni critica Hayek andando alle origini, alla genesi del diritto. L’intuizione di Leoni, come scrive bene nel saggio introduttivo Monica Quirico è che la regola della maggioranza, soprattutto quella semplice, “è nefasta perché rende le decisioni politiche un gioco a somma zero, in cui chi vince prende tutto, a differenza di quel che avviene nel mercato”.

Dove chi non riesce a comprare (chi resta minoranza) ha una strada alternativa, non consuma, ma non spende. Può aspettare e comunque non è obbligato a fare ciò che ha deciso una maggioranza (in termini commerciali, chi ha pagato il prezzo più alto per una merce, aggiudicandosela).

Nicola Porro, Il Giornale 13 agosto 2017