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Chiudo con il constatare tristemente che spesso anche con i colleghi è tutto un “non dire”… Quando in sala dei professori alcuni fra loro arrivano criticando aspramente i provvedimenti del governo, insultandone alcuni esponenti, ammantandosi della propria superiorità etica e culturale… Spesso si ammicca facendo finta di niente. Anche perché sai che rispondere sarebbe inutile: non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. L’alternativa sarebbe compromettere rapporti personali, di amicizia e professionali: quel collega comincerebbe a vederti come un “nemico”. E molto spesso decidi di soprassedere e di lasciare la “superiorità etica” al tuo interlocutore, evidentemente incapace di dialogo e confronto democratico.
Quella volta in cui per impeto rispondi – utilizzando ovviamente termini e toni appropriati – e contesti quanto hai appena sentito, accade un fenomeno singolare: il collega non ti rivolgerà più la parola e da quel momento in avanti si limiterà ad un formale saluto se ti incrocia in corridoio.
Credo che i ragazzi soffrano molto di questa situazione, perché spesso devono assistere a “pontificazioni” che non condividono…
Se ciascuno rispettasse le idee dell’altro e gli permettesse di esprimerle senza vedere in lui un bruto ignorante razzista, tutto sarebbe più semplice. E vivremmo in una società democratica che tuteli il diritto di pensiero, parola ed opinione; cosa che purtroppo non accade oggi: oggi molti fra noi sono ridotti al silenzio.
Docente di Lettere scuola secondaria superiore
Ogni giorno noi italiani subiamo la dittatura culturale di sinistra