Dimensioni testo
Continuiamo con la speciale zuppa di Porro straniera. Grazie ad un nostro amico analista che vuole mantenere l’anonimato, il commento degli articoli tratti dai giornali stranieri.
Quando il vento soffia nelle vele, gli opinionisti liberal, con in testa quelli del New York Times a cui ci si riferisce in questa nota, sentono di essere i padroni assoluti dello spirito del tempo, e di essere sicuri che anche gli “incidenti” come l’elezione del maledetto Donald Trump non solo saranno riassorbiti, ma rafforzeranno ancor di più quel pensiero unico necessario nella contemporaneità a garantire libertà e progresso.
Ma basta qualche intoppo (tipo un rapporto Mueller che non liquida il puzzone) per creare alcuni effetti di panico. In un’opinion del 4 aprile di un commentatore storico del Times (Frank Bruni) colto, dalla prosa tagliente, di 54 anni e gay come rivendica lui stesso, traspare quel certo tipo di panico che si sta diffondendo nelle file del partito dell’Asinello. Così le sue parole: “ I’m worried, sono preoccupato perché si è aperta una discussione sul fatto che Pete Buttigieg (nota: uno dei papabili “dem” per le presidenziali del 2020 spuntato in questi giorni) sia sufficientemente “gay” o se il suo essere bianco, di classe medio alta, di studi ad Harvard e Oxford, non ne attenui la capacità di innovazione che deriva dalla sua omosessualità (Bruni perde quasi la testa con quelli che hanno accusato Buttigieg di non aver sufficientemente manifestato il suo essere gay). E un caso simile, prosegue Bruni, si manifesta anche nel dibattito sul problema se Kamala Harris – altra candidabile dem alle primarie, il cui padre è di origine indiana e viene dalla Giamaica, e si è sposata con un “bianco” – sia sufficientemente “nera”. E in qualche modo questa ansia di purezza intransigente si rivela – sempre secondo Bruni – anche nella focosa lite su come e quanto Joe Biden si debba scusare per aver accarezzato e probabilmente baciato, da dietro, i capelli di una sua sostenitrice nel 2014.