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L’establishment a Davos, parolai senza spina dorsale

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Impossibile oggi fare una rassegna stampa che abbia un minimo di dignità professionale. Quando un paese ha una strategia di risparmi radicali sulla manutenzione del suolo e degli impianti di pubblica utilità può solo consuntivare disastri.

Trovo insopportabile lo scambio di responsabilità fra responsabili irresponsabili, inutile ascoltarli e parlarne, non meritano alcuna attenzione: parolai senza spina dorsale. È uno dei tanti nodi che arrivano al pettine di un establishment ormai destinato al declino.

L’unico articolo che merita attenzione è un pezzo del Corriere del Ticino su Davos di Erica Lanzi.

Il super elicottero di Donald Trump, nero come la pece, è atterrato. La polizia svizzera ha autorizzato eventuali cortei di protesta purché composti da non più di tre persone tre. Se ne presenta solo uno, con un unico cartello (“Trump not welcomed”) e una sua maschera caricaturale con ciuffo, il terzo partecipante, una donna, ha in mano una mela verde (i pomodori o costano troppo o sono vietati).

Divertente la spaccatura fra i politici europei e dei paesi emergenti versus i Ceo americani arrivati in forze. I primi blaterano di globalizzazione e di frontiere aperte (quelle degli altri of course) i secondi appaiono molto soddisfatti della riforma fiscale trumpiana. “America is doing great” dice il Presidente.

Comunque sia l’agenda del mondo, che piaccia o meno, l’ha detta il “buzzurro”.

Il Forum che “cerca un futuro condiviso in un mondo fratturato” si è chiuso consolidando le fratture preesistenti. E non poteva essere diversamente, gli uni chiacchierano di obiettivi e di sogni (nel frattempo arricchiscono fantozzianamente quattro gatti), gli altri osservano freddamente i risultati.

Convergenze parallele?

Riccardo Ruggeri, 26 Gennaio 2018