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Più che Sardine, sciacalli del Pd

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Ancora tu? Ma non dovevamo vederti più? Sardina Mattia è scatenato: dopo avere annunciato il congelamento delle Sardine, le tira fuori dalla cella frigorifera, fresche come le vongole veraci di Lino Banfi, rinvigorite a scariche elettriche, per lanciare “in un grande tour elettorale, politico”. Sardina Mattia è un bugiardo clamoroso, il figlio naturale del geom. Calboni: “Non siamo un movimento politico, non corriamo per il Pd”; e giustamente fanno il tour “elettorale, politico” di supporto al PD. Sardina Mattia è disperato: il treno sta passando “per non ritornare mai più”, come la gioventù metaforica di Cocciante e lui non può perderselo: non sa far niente se non lanciare il frisbee, la candidatura è l’unica soluzione. Come per Casarini, ma a quello, che giovane non è da un pezzo, l’ha già assicurata Orfini. Sardina Mattia invece ha ancora da sgusciare e allora vai col tango elettorale: “Un tour che attraversi tutte le regioni dove si va al voto”. Più o meno come Jovanotti, che dietro la parvenza del cantante fa il saltimbanco militante.

“La retorica sulla nostra scomparsa, quella degli ultimi arrivati, non è corretta. Abbiamo continuato a fare quello che abbiamo sempre fatto, adesso lo portiamo in giro”. Veramente era lui ad avere annunciato la cassa integrazione per il suo movimento parassitario, sconvolto da liti, faide interne, trappoloni nella più verace tradizione della sinistra estrema ed autoforcaiola: accusato di stalinismo, di verticismo, di narcisismo da quell’altra, la sardina da balcone Jasmine e non solo. Ma Sardina Mattia sguiscia dritto e, incredibile, perfino a lui scappa dal fianco una sincerità: “continuiamo a fare quello che abbiamo sempre fatto”, cioè il nulla, gli agitatori al servizio del potentello regionale di turno. Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano “a pappà”, come la “minchia tanta” di Frank Zappa: tutto è commestibile, anche la strage di Bologna, della quale conviene “coltivare la memoria”, dopo le 6000 piantine; anche il Black Lives Matter col pretesto del sacrificio di George Floyd.

Tutto nutre senza ritegno, questi son gli stessi che su Bibbiano (25 richieste di rinvio a giudizio su 26 indagati per una vicenda mostruosa) dicevano – in loco – fosse un becero pretesto, una invenzione dei fascisti; gli stessi che andavano a trangugiare tartine alla corte dei Benetton (Ponte Morandi, 42 morti) e di Toscani. Sardine, sciacalletti, sta’ a spaccà er capello: siamo qui per far soldi o almeno carrierina, siamo dell’antica schiatta dei masanielli, dei populisti da centro sociale, dei fancazzari senza voglia di impegnarsi ma con gran voglia di vida loca, sia pure pennellata di valori imprescindibili.

Piacciono agli analfabeti da ciucca Strega, inteso come liquore ma ancor più come premio; perché accusano l’universo monno d’ignoranza riuscendo a stipare rosari di strafalcioni in un solo tweet da 140 caratteri; confondono Mafia e Brigate rosse, accusano il popolino di terrorismo virale perché si assembra senza mascherine – e lo fanno radunandosi alla viva il parroco (don Biancalani). Son tutte cose che, nella galassia piddina, fanno curriculum. Zingaretti, votato come il peggior governatore d’Italia, uno che quanto a cultura è il papà di tutte le sardine, li aveva ringraziati per aver fatto vincere Bonaccini in Emilia: si vede che le proiezioni in giro per il paese non sono incoraggianti e c’è ancora bisogno di questi disperati per rimestare nello stagno. Il che la dice lunga sulla consistenza politica, etica, culturale del Pd, partito griffato.

A guardarlo in faccia, Sardina Mattia, a sentirlo concionare, vien dritto da pensare: ma fatti la barba e va’ a casa. Lui però di tornare a casa non ha nessuna voglia, le sardine non esistono, esistono all’incirca seimila lunatici manovrati da 4 amici al bar, amici da coltello lanciati in una furiosa bagarre tipo arrivo della Milano-Sanremo: chi meglio giunge prima alloggia a palazzo Madama. Sempre all’insegna dell’ortodossia più mefitica, della morale caleidoscopica: contro il fascismo, il razzismo, il sovranismo, il sessismo, le statue, il riscaldamento globale e globalle: ma se un tale Alessandro Robetta, Robivecchi, spara sul Fatto a pallettoni su Giorgia Meloni, da sistemare col ritorno dei partigiani armati, si voltano dall’altra parte; se lo stesso si diverte a twittare foto della solita Meloni, si direbbe una ossessione da stalker, capovolta (e il parigrado Scanzi, sardina mediatica, lo retwitta), loro non se ne accorgono, si fanno un selfie con Toscani; se un trottolino con qualche problema di priorità anziché alle coetanee corre dietro a Salvini per apostrofarlo, “omofobo, razzista” e mammina amorosa filma tutto (siccome vuol preservarlo dal gossip e dalla notorietà venefica), loro coltivano germogli. Sempre così questi trinariciuti di terra, di cielo e di mare.

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