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Un governo nemico delle partite Iva

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Ieri, 20 luglio, noi reietti abbiamo pagato. Abbiamo pagato la nostra miseria, abbiamo l’impossibile vivere, il doverci stare a questo porco mondo. Ieri, 20 luglio, le partite Iva hanno pagato le tasse. Tocca anche a me, sebbene nell’ultimo anno di soldi io non ne abbia visti: qualche testata ha chiuso, altre hanno difficoltà. Lavoro da 30 anni e sono sempre stato povero come Geppetto. Mi son preso una laurea studiando in un sottotetto da 10 metriquadri foderato d’amianto (anvedi che santo), d’estate svenivo dal caldo, in inverno vedevo le nuvolette del mio respiro. Ho sempre pagato i miei strumenti di lavoro, i viaggi, tutto. Lavoro da 30 anni, trentamila articoli, un numero di libri, spesso autoprodotti, che non voglio neppure ricordare. Sono riuscito a segnalarmi, il mio nome oggi dice qualcosa, credo di godere di una certa stima dai lettori e dagli addetti ai lavori. Ma in 30 anni non ho mai avuto una certezza, un contratto, un orizzonte.

Io, il telelavoro, l’ho inventato. Quando c’era il lockdown, gli altri impazzivano, per me era talmente normale da non accorgermene. Non ho potuto permettermi un figlio, una moto, un vizio, una vacanza, una follia. Ho azzardato un mutuo per una casupola di 55 metriquadri: so che mi sopravviverà e mi costa, letteralmente, sangue benché per un Suv si spenda molto di più. Mi sono sempre accontentato non di quello che avevo, ma che non avevo. Ho vissuto di sogni, di illusioni, di disillusioni, di fatica, di niente, di rabbia, di orgoglio, di dignità. Ho cancellato, per dirla con Pasolini, la parola speranza ma pure la parola disperazione. Per anni non ho potuto curarmi, in particolare i denti: indebitandomi con mia madre, riuscii dopo un decennio: me ne mancavano 10, neanche Keith Richards nel 1973 stava conciato così.

La mia è stata una vita da rockstar senza la parte bella. Ho visto tutto, sperimentato tutto, raccontato tutto. Ho fatto collezione di riconoscimenti, di attestati, a un euro a complimento oggi avrei i soldi di Bill Gates. Invece tiro avanti, non ho più prospettive, ho una madre invalida al 100%, aspetto in un certo senso di morire; mi sono anche tolto dall’Ordine quando ho sentito il presidente attuale fare un panegirico di 2 ore per il suo mentore, Luigi Necco, e concludere chiedendo agli schiavi in platea “un piccolo sacrificio, due o tre euro perché gli ordini territoriali non hanno i soldi nemmeno per spedire le lettere”.

E oggi pago le tasse. Perché ha detto il viceministro Misiani, Pd: “Poche storie: le tasse vanno pagate e tutte, le partite Iva non stanno peggio di altri”. Se intendeva che siamo in cinque, sei milioni all’apnea, partite o non partite Iva, partite per dove non si sa, partite per non più tornare, spartite e mazziate, allora ci siamo. Se voleva dire che le partite Iva e affini sono, da sempre, i veri ammortizzatori sociali, i materassi che ovattano le cadute altrui, allora va bene. Ma non va bene a me e se a questo punto tra i miei lettori c’è ancora chi si ostina a votare Pd, è pregato, lo dico in punta di voce, di togliersi dai coglioni: non abbiamo niente da dirci, solo insulti da scambiarci.

Io le tasse le pago, per forza perché non posso neppure eluderle, anche se anni fa, intervenendo a un programma radio di Oscar Giannino, mi sentii bofonchiare da uno sconosciuto al telefono: zitto tu, che sei di sicuro evasore e fai il leasing per la macchina. Non ho una macchina, ho una carretta ereditata da mio padre, morto 13 anni fa. Quella volta ci piansi. Adesso sono vulcanizzato, più che vaccinato, e non me ne frega più niente. Ma io con questa gente, coi Misiani, coi giallo rossi che poi sono rossi più rossi, coi piddini, coi Gualtieri “bella ciao”, con gli apostoli del neocollettivismo, con chi mi mette la lettera scarlatta in quanto “autonomo”, non voglio più avere niente a che fare. È una cosa proprio fisica, fisiologica, genetica, tu chiamami, se vuoi, razzista. Niente a che spartire.

Non sono da solo, lo ripeto, siamo milioni e milioni e il lockdown, con le allettanti promesse diventate prese per il culo, con la cassa integrazione che non arriva, con le tempeste di soldi che han visto solo la Gabanelli e la Fusani. Anche quelli che, magari, ieri mi guardavano con una certa impalpabile sufficienza, oggi mi hanno raggiunto: sperimentano il terrore del domani, le notti bianche, e infine il fatalismo paranoide: succeda quel che succeda, al limite mi ammazzo.

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