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Veneziani e la leggenda di Fiore - Seconda parte

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In questa rete di significato, di cui è osservatore attentissimo, Fiore si scopre una particella indispensabile: c’è intelligenza nel creato e quella intelligenza è di Dio, da cui proveniamo e a cui ritorneremo. In questa visione viene abbracciato tutto, non si perde nulla, perché si agisce nel e secondo il Padre; anche la decadenza acquista senso e l’opera dell’uomo diventa un inno alla vita che è ora e a quella che sarà, è una lotta di bellezza in cui l’Intramontabile che è in noi esplode in creazione. “Dio che si fa uomo migliora il mondo e innalza l’umanità, nella bellezza e nella carità. La bellezza si fa pittura, scultura, architettura, si fa colore, sguardo, gloria mundi”.

Fiore cerca la luce a oriente, ma più avanza nella sua indagine e più si riavvicina all’origine, alla sua famiglia, alla sua storia cristiana; non ne comprende fino in fondo tutti i misteri, “ma nessun uomo è superiore a una tradizione”. L’indagine di Fiore si compie dunque in un tragitto circolare in cui ritrova una corrispondenza inaspettata, piena di quella tenerezza di cui ha da sempre una sete infinita.

“C’è un calore di umanità nel cristianesimo che non c’è da nessun’altra parte, in nessuna maestosa metafisica e in nessuna visione spirituale, sapienziale del mondo. La dolcezza del Presepe, lo stupore della Natività, la tenerezza della Madre, l’universo che si fa grotta, la stella che indica la via, la soavità degli angeli, il prodigio dell’Avvento, l’umanità che si fa famiglia, la comunità raccolta in preghiera; nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. La santa bellezza del vivere cristiano”.

Unde origo, inde salus.

Fiorenza Cirillo, 27 luglio 2021