La settimana appena iniziata si annuncia come un periodo di intensa tensione sia nelle aule di giustizia che nei corridoi del governo che in quelli del Parlamento. I fari sono puntati su due questioni scottanti: il caso Almasri, ufficiale libico rimpatriato, e la gestione dei centri per i migranti in Albania. Questi due temi stanno infiammando le dinamiche interne al governo, all’opposizione e al sistema giudiziario.
La disputa sul caso Almasri ha portato a un’aperta lotta di potere tra il governo e l’opposizione. Giuseppe Conte, capo del Movimento 5 Stelle, ha accusato il governo di avere una “torsione autoritaria”, puntando il dito contro il premier Giorgia Meloni e alcuni membri del governo che sarebbero complici morali di Almasri e si porteranno “sulla coscienza i crimini che questo figuro commetterà in Libia”. Al contrario, il vicepremier Antonio Tajani ha sottolineato l’importanza di concentrarsi sulla riforma della giustizia, cercando di distogliere l’attenzione dal caso Almasri.
Nel frattempo, la questione dei centri per i migranti in Albania, dopo il mancato trattenimento di 43 clandestini, ha diviso ulteriormente il governo e l’opposizione. Lucio Malan, capogruppo al Senato di Fratelli d’Italia, ha difeso la permanenza dei centri in Albania, sottolineando il ruolo cruciale di tali strutture nel rispettare la legge. Per Sara Kelany quella dei giudici è “una presa di posizione assurda, ingiustificata e in grado di creare una impasse nella gestione generale dei flussi migratori irregolari”. D’altro canto, Riccardo Magi, segretario di Più Europa, ha criticato l’approccio del governo, definendo “patologica” l’ossessione di Meloni per i centri in Albania.
In risposta a queste crescenti tensioni, in ambito parlamentare (non goverantivo) si starebbe valutando la possibilità di creare una norma ad hoc per impedire il trasferimento dei giudici delle sezioni specializzate per l’immigrazione nelle Corti di appello, come recentemente avvenuto a Roma. A bocciare per la terza volta il trattenimento nei centri albanesi, con la scusa di attendere la pronuncia della Corte di Giustizia Ue sul caso dei “Paesi sicuri”, è stata infatti sì la Corte d’Appello, come voluto dal governo con un decreto, ma prendendo “in prestito” i magistrati dalle sezioni immigrazione del Tribunale di Roma. In pratica, gli stessi giudici che a ottobre e novembre avevano già bloccato il protocollo Albania si sono ritrovati a giudicare anche sui 43 immigrati di gennaio. L’ipotesi del governo di una nuova legge per impedire questo gioco delle tre carte all’interno delle aule di giustizia è stata però respinta dalle opposizioni, che l’hanno vista come un tentativo di intromissione nell’indipendenza della magistratura.
Intanto il governo farà ricorso di fronte alla Cassazione per i 43 migranti “liberati” dai giudici, la stessa corte che – spiega il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto – “di recente ha ribadito la competenza del legislatore sull’individuazione degli Stati sicuri”. Intanto si attende il Corte Ue. E magari altre Corti di appello che potrebbero decidere diversamente. A quanto risulta al Corriere, infatti, Meloni sarebbe pronta nelle prossime ore a far ripartire le navi nonostante le sentenze avverse. “Noi siamo convinti – conclude Sisto – che il percorso individuato anche tramite i centri in Albania, come l’Europa ha sancito, sia corretto”.
Sul fronte dell’opposizione, il Partito Democratico continua a tenere sotto stretta osservazione le attività nei centri per i migranti in Albania. Secondo Marco Lacarra, deputato del Pd, “il Governo Meloni fa solo propaganda” in merito alle politiche migratorie. L’onorevole Ubaldo Pagano ha considerato il recente riportare in Italia di 43 migranti come “l’ennesimo fallimento del Governo Meloni”.