Amministrative, per alcuni una corsa a perderle

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L’Italia affronterà un periodo di tornate elettorali molto intenso. Si parte il 3-4 ottobre con alcune delle più importanti città italiane chiamate al voto, tra cui Roma, Milano, Torino, Napoli e tante altre. Poi, nel 2022, sarà la volta di città più piccole ma non meno importanti. Tante città, tanti campanili, piccole e differenti realtà. Come racconta Francesco Giubilei, presidente di Nazione Futura, nel suo ultimo libro, “Strapaese, l’Italia dei paesi e delle chiese di campagna”, una delle caratteristiche del nostro Paese è quella di essere composto da un’ampia diversità culturale e popolare.

Tornando alla politica, gli italiani sono chiamati a votare, nei prossimi mesi, per gli amministratori delle proprie città. Figure fondamentali per far progredire i centri, le periferie e il benessere di ogni singola comunità. Si tratta di un lavoro sempre più complesso e causa spesso di problemi con le procure. Non a caso, è sempre più difficile trovare persone, uomini e donne, pronti a dare la propria disponibilità ad avviare una campagna elettorale, fare network intorno al proprio nome e (forse) di amministrare una città.

Ma è forse il mero riflesso dell’incapacità dei partiti politici di costruire una classe dirigente competente e preparata, composta non solo da chi ha militato organizzando volantinaggi e manifestazioni, ma anche da persone indipendenti che “donano” il proprio sapere al partito e quindi alla realtà in questione, che sia il governo nazionale, regionale o locale. Dunque, se i partiti non riescono a creare classe dirigente, possiamo ipotizzare che ciò sia dovuto sia alla scarsa cultura politica dei cittadini sia alla distanza sempre maggiore tra i partiti e i cittadini stessi.

Ma se, addirittura, un partito o una coalizione (cosa che rende ancora più difficile l’impresa di trovare un candidato comune) trovano una persona disposta a correre per l’amministrazione della città, può anche succedere che non si corra per vincere, bensì solo per partecipare, sperando, sotto sotto, di lasciare la città agli avversari. Città che – sappiamo bene – sono “gatte da pelare” e che quindi si preferisce lasciare nelle mani degli altri, così da poterli fare oggetto delle critiche qualora non riescano ad amministrare decentemente. Amministrare Roma, ad esempio, siamo sicuri che porti più voti alla propria parte politica? Il passato ci dice che non è così. 

Può capitare addirittura che un partito o una coalizione non credano fino in fondo ad un esito positivo e quindi abbandonino, silenziosamente, il proprio candidato. Un esempio sembra essere il candidato attuale del centrodestra a Milano, il pediatra Luca Bernardo, che di fronte a presunti ritardi nel finanziamento alla sua campagna elettorale ha avvertito la coalizione che si sarebbe ritirato qualora i partiti non avessero sborsato il denaro pattuito. Il caso Bernardo è rientrato e il centrodestra si dice più forte ed unito di prima. Non abbiamo dubbi che sia così, ma questa vicenda accende i riflettori sulla scarsa presa dei partiti e sulla loro scarsa voglia di impegnarsi ad amministrare realtà sempre più difficili da governare.

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