IA, quando un’azienda chiede di essere regolamentata. Parla Steven Sinofsky

Ancora molto da imparare sull’Intelligenza Artificiale, troppo presto per fare previsioni. La regolamentazione mai una buona idea: una volta avviata non conosce limiti

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Pubblichiamo un intervento di Steven Sinofsky, ex vicepresidente esecutivo della divisione Windows di Microsoft *

La settimana scorsa ha visto l’inusuale richiesta da parte dell’azienda attualmente leader nello sviluppo della Intelligenza Artificiale (IA) che il settore sia “regolamentato”. Ma una delle grandi questioni che pesano su chi propone di “regolamentare la Intelligenza Artificiale”, e a cui nessuno risponde è: cosa esattamente si vuole regolamentare? E in ogni caso quanto si propone riguarda sempre aree che sono già regolamentate da anni.

Ci sono due reazioni che un’azienda può avere quando si trova ad affrontare richieste di regolamentazione. Una è quella di arrendersi e lavorare con i regolatori per trovare un percorso meno ostile alla propria attività.

L’altra è quella di combatterla sapendo che si sta cedendo il controllo della propria road map a una burocrazia. Ma dopo la testimonianza di Sam Altman al Senato Usa pare essercene una terza e proprio da parte di una delle grandi aziende tecnologiche, quelle che direttamente o storicamente hanno combattuto la regolamentazione per circa 100 anni.  

La “cattura normativa”

Il nuovo approccio è quello di correre verso la regolamentazione, chiedere letteralmente di essere regolamentati sostenendo che la tecnologia è fuori controllo. A prima vista sembra una buona scelta, generosa e frutto di una mente aperta: ma non lo è.

Quando un’azienda ben posizionata chiede di essere regolamentata, anche se sembra arrendersi per servire il settore, sta tentando una manovra nota come “cattura normativa“. Perché? Perché queste aziende conoscono la tecnologia meglio dei regolatori

Il problema è che questo non è il modo in cui funziona il mondo reale. La regolamentazione, una volta iniziata, non ha mai fine, non conosce limiti ed è un meccanismo attraverso il quale i regolatori prendono il controllo del business e lo sottraggono alle forze di mercato.

Si tratta di un deliberato sforzo per rallentare il ritmo degli affari e dell’innovazione. Per definizione. E non sto giudicando. 

Naturalmente, a questo punto stiamo tutti pensando a regolamentazioni fantastiche, qualcosa che sia insensato contestare. Tuttavia, non è difficile trovare ogni giorno regolamentazioni che sembrano arbitrarie, difficili o semplicemente retrograde e quando si chiede il perché, la regolamentazione dispersiva è la radice. Gli svantaggi sono reali.

Equilibrio dei poteri

L’idea di una tensione naturale tra regolatori e regolati non è solo necessaria ma è l’essenza dell’equilibrio dei poteri in un’economia libera. Quindi, un’azienda che dice “regolateci ora” dovrebbe sollevare molti dubbi. Perché? A che scopo? Come?

Un’azienda che agisce nel proprio interesse non dovrebbe volere regolamentazioni più di quanto i regolatori vogliano spontaneamente fare. Meglio ancora se affermano “nah, lasciamo che i mercati facciano il loro corso”

Tracotanza 

La ragione più probabile per cui un’azienda intraprende questa strada è… tracotanza. Crede due cose. In primo luogo, di avere un enorme vantaggio. Le eventuali nuove normative (sviluppate con l’aiuto dell’azienda) aumenterebbero semplicemente il costo di ingresso nel mercato ai nuovi entranti e definirebbero il mercato nei termini amichevoli per l’attore che ha chiesto la regolazione. 

Ma c’è un altro punto. L’azienda presume di conoscere la direzione a lungo termine della tecnologia. Questo è in effetti il problema più grande. Perché? Perché quasi sempre i leader di fatto e gli altri “esperti” si sbagliano, sia sulla velocità che sulla direzione dell’innovazione. E nell’IA oggi è troppo presto per prevedere

Non cedere a Sam Altman 

Quindi, eccoci oggi in questa posizione altamente inusuale del leader de facto che chiede di essere regolamentato. Tutti dovrebbero chiedersi perché? Nessun governo dovrebbe semplicemente regolamentare a causa di questo invito o ipotesi.

E poi, consideriamo i dettagli. La IA dovrebbe essere regolamentata in base cosa: quantità di parametri nei modelli? Il tempo necessario per il suo addestramento? La quantità di dati e token? O sulla base dei settori d’uso?

Ma poi, quali casi non sono già regolamentati dalle leggi esistenti (ad es. sviluppo di farmaci, mutui, polizia, ecc.)?

Previsioni sempre errate 

L’IA distruggerà i posti di lavoro? Curerà il cancro? Estinguerà la razza umana? Aumenterà o diminuirà lo standard di vita? L’unica cosa che sappiamo con certezza è che tutte le previsioni tecnologiche del passato in questo senso si sono rivelate sbagliate, e spesso le banali obiezioni anti-tech si sono dimostrate errate. 

Molte domande restano aperte sull’IA. Abbiamo ancora molto da imparare. Personalmente non ho una risposta da dare a chi pensa che questa tecnologia causerà la fine della società. Una cosa è certa: anche nelle udienze di questa settimana si è parlato di “50 anni”. Non abbiamo dunque motivo di aver troppa fretta nelle regolamentazioni.

Traduzione a cura di Claude (anthropic.ai) e Marco Barsotti

(*) Steven Sinofsky è Board Partner di Andreessen Howowiz, ha conseguito il suo Bachelor of Arts presso la Cornell University, laureandosi cum laude nel 1987 nei campi della chimica e dell’informatica. Inoltre, ha proseguito la sua formazione post-laurea presso l’Università del Massachusetts Amherst, dove ha acquisito un Master of Science in informatica nel 1989. È stato vicepresidente esecutivo della divisione Windows di Microsoft, dove ha coordinato lo sviluppo di innumerevoli progetti, tra cui Internet Explorer e Microsoft Office. Ha inoltre contribuito a salvare Microsoft dalla debacle di Vista coordinando lo sviluppo di Windows 7 e Windows 8. Ha raccontato nei dettagli i decenni in Microsoft nella serie di articoli intitolati Hardcore Software.

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