Il caso Puigdemont

Dalla Corte Ue uno schiaffo al garantismo dei sistemi giudiziari nazionali

Il caso dell’estradizione di Puigdemont e degli altri politici catalani mostra i rischi di una giurisdizione Ue che limita le garanzie previste a livello nazionale

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Pochi giorni fa la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha rilasciato un parere sulle questioni legate agli ordini di cattura europei emessi dalla Spagna contro i politici indipendentisti in esilio dal 2017, l’ex-presidente catalano Carles Puigdemont e gli ex deputati al parlamento catalano Toni Comin, Carla Ponsati, Lluís Puig, Anna Gabriel e Marta Rovira – i primi tre attualmente in carica come deputati europei.

La Corte di Giustizia Ue ha dato ragione alla Spagna sul fatto che il Belgio e gli altri Paesi europei non avevano il diritto di rifiutare la richiesta di estradizione spagnola per i politici catalani.

In seguito alla decisione del 2021 del Parlamento europeo di revocare a Puigdemont, a Comín e alla Ponsati l’immunità parlamentare, oggi la libertà dei politici catalani in esilio si regge solamente sulle decisioni dei sistemi di giustizia dei Paesi che li ospitano.

Finora Puigdemont e gli altri politici indipendentisti avevano sempre ottenuto pronunciamenti favorevoli, in particolare dalla giustizia belga, tedesca e svizzera, che hanno sempre negato l’estradizione richiesta dalla Spagna. È prevalso un atteggiamento di prudenza e di garantismo, oltre che la constatazione normativa che alcuni dei capi di imputazione invocati dalla Spagna non erano riconosciuti dal codice penale di altri Paesi.

Meno tutele

Adesso però le cose cambiano. La Corte di Giustizia dell’Ue riduce fortemente il margine di manovra dei tribunali nazionali per emettere sentenze garantiste laddove si ravvisi un “fumus persecutionis”.

La Corte Ue sostiene che il Belgio può rifiutare l’estradizione dei politici catalani solo se dimostra “deficienze sistemiche e generalizzate” del sistema giudiziario spagnolo attraverso “dati oggettivi, affidabili, precisi e debitamente aggiornati”.

Ora, è abbastanza evidente che l’eventualità che uno Stato Ue possa “dimostrare” in modo “sistemico” l’inadeguatezza del sistema giudiziario un altro Stato Ue è qualcosa di infattibile non solamente perché l’argomento è troppo vasto, ma anche per le inimmaginabili implicazioni diplomatiche.

Così, però, arretrano le tutele rispetto a potenziali persecuzioni politiche in Europa. Non sarà più possibile nell’Unione europea nessun tipo di “asilo interno”, dato che qualsiasi Paese sarà obbligato a prendere per buone, senza alcun vaglio, decisioni prese altrove a scapito di cittadini che si trovano nel suo territorio, facendo in molti casi venir meno tradizioni secolari di ospitalità politica.

Una delle ragioni della Brexit

Non è un caso che, nel dibattito sulla Brexit, il tema del mandato di cattura europeo sia stato tra quelli centrali. Secondo i brexiteers è molto pericoloso che un Paese sia costretto a consentire di buon grado che un cittadino sul suo territorio possa essere preso di mira da un’autorità straniera e deportato in prigione fuori dalla sua giurisdizione nazionale, senza poter esercitare alcun tipo di verifica e di controllo sulla base dei propri princìpi giuridici.

E in effetti la responsabile della campagna per la Brexit “Get Britain Out” non ha mancato di stigmatizzare a più riprese l’uso politico del mandato di cattura europeo nel caso Puigdemont.

Fortunatamente, almeno, il pronunciamento della Corte Ue non vale in Svizzera, e questo dovrebbe mettere al riparo almeno Anna Gabriel e Marta Rovira che lì si sono stabilite.

Il parere della Corte di Giustizia dell’Unione europea non è vincolante, ma ci si aspetta che orienti il procedimento giudiziario che riguarda Puigdemont al tribunale di Lussemburgo. In definitiva, si potrà arrivare a determinare l’estradizione di Carles Puigdemont e degli altri politici indipendentisti.

Dialogo fermo

Nel frattempo, dopo oltre un anno di stop, tornerà a riunirsi il “tavolo di dialogo” tra il governo spagnolo e il governo catalano. Il presidente della Generalitat Pera Aragonès ha annunciato che porterà sul tavolo la situazione di Puigdemont e più in generale la “giudizializzazione” del conflitto politico tra Madrid e Barcellona.

A poco più di un anno dal voto per le elezioni spagnole, però, è improbabile che da parte di Pedro Sánchez arrivi qualsivoglia concessione. Ci sono pochi dubbi, in ogni caso, che un arresto dell’ex presidente Carles Puigdemont sarebbe nuova benzina sul fuoco delle rivendicazioni catalane.

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