Monito di Biden a Taiwan per rassicurare Xi: non appoggiamo l’indipendenza

Essendo gli Usa impegnati già su più fronti, il presidente vuole impedire che se ne apra anche uno con la Cina. Ma chi si fiderà più dell’America?

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Diventa sempre più difficile capire l’evoluzione della politica estera Usa. Facciamo qualche esempio. Dopo la grande vittoria degli indipendentisti nelle recenti elezioni politiche di Taiwan, il segretario di Stato Antony Blinken ha subito fatto i complimenti al vincitore William Lai.

Il monito di Biden

Tutto bene, dunque? Per niente. Il presidente Joe Biden lo ha tallonato chiarendo che gli Stati Uniti non appoggiano affatto l’indipendenza dell’isola. Dal momento che il presidente è il capo supremo della nazione, se ne deduce che Washington non è disposta a difendere l’antico alleato qualora Xi Jinping decidesse si attaccarlo militarmente.

La dichiarazione di Biden suona come un monito, rivolto non tanto ai comunisti cinesi, quanto piuttosto allo stesso Lai affinché non si spinga troppo avanti nella polemica con Pechino, mantenendo l’attuale e ambiguo “status quo”.

Intendiamoci, la posizione di Biden si può anche capire. Essendo gli Usa attualmente impegnati su più fronti, il presidente vuole impedire che se ne apra anche uno con la Cina, che risulterebbe assai difficile da gestire. Ma agli Usa spetta la leadership del mondo libero, ragion per cui dovrebbero dimostrare di non temere affatto le autocrazie che li stanno sfidando a tutto campo.

I dubbi dei Repubblicani

Va aggiunto, però, che i dubbi riguardano non solo i Democratici, ma pure i Repubblicani. Biden ha infatti deciso, con il solo appoggio del Regno Unito, di attaccare i ribelli Houthi yemeniti per garantire la libertà di navigazione nel Mar Rosso e, di conseguenza, la libertà di commercio per l’intero Occidente.

Ci si chiede pertanto perché Donald Trump attacchi il presidente accusandolo di portare gli Usa in guerra. Cos’altro dovrebbe fare Biden, vista la situazione? E non è tutto. I Repubblicani al Congresso hanno pure bloccato i fondi destinati all’Ucraina.

Decisione molto pericolosa. In primo luogo, perché lede il prestigio di Washington, che aveva garantito a Zelensky l’appoggio totale nella guerra con gli invasori russi. Le conseguenze sono già visibili. Putin ha ripreso coraggio implementando la sua offensiva e costringendo l’esercito di Kiev ad arretrare.

Regalo a Putin e Xi

Ora chi si fiderà più dell’America, già protagonista del disastroso ritiro dall’Afghanistan? Tutto questo altro non fa che scoraggiare gli alleati, reali o potenziali, favorendo l’asse Putin-Xi che punta su un nuovo ordine mondiale che emargini l’Occidente.

In altri termini, è come se gli americani non si rendessero conto che, per mere ragioni di forza militare, a loro spetta il compito di difendere le democrazie. E, infatti, le pulsioni isolazioniste stanno crescendo in America.

Confermata l’inesistenza dell’Europa, Putin può gioire per il crescente isolamento di americani e inglesi (gli “anglosassoni”, come lui li chiama), e Xi può essere contento per gli spazi guadagnati in Asia. Qualora il nuovo ordine mondiale dovesse davvero realizzarsi, vedremo quale sarà la reazione dei tanti nostalgici del comunismo, in Italia e altrove, per l’eventuale vittoria dei “compagni” cinesi e russi.

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