Viaggio in Polonia: il miracolo di un’accoglienza senza ostacoli

Grande accoglienza ai milioni di profughi ucraini in fuga dalla guerra. La secolare inimicizia tra Mosca e Varsavia e il ricordo dell’oppressione sovietica

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Appena tornato da una visita di dieci giorni in Polonia, ho visto di persona la grande accoglienza che i polacchi hanno riservato ai milioni di profughi ucraini fuggiti dal loro Paese dopo l’invasione russa.

Ci si aspetterebbe una forte tensione, soprattutto a causa del numero davvero elevato dei fuggitivi. Nulla di tutto questo. Sono moltissime le bandiere blu e gialle esposte alle finestre delle case di Varsavia e delle cittadine circostanti. Mi spiegano che questo può significare due cose. O un gesto di tangibile solidarietà da parte degli abitanti, oppure la presenza di ucraini accolti nell’abitazione di una famiglia polacca.

Impressionante anche il fatto che gli appartamenti, in Polonia, abbiano quasi sempre dimensioni modeste, tali da consentire la presenza di un solo nucleo familiare. Come accadeva ai tempi della dominazione sovietica, i polacchi sono disposti a ridurre ancor più gli spazi per accogliere chi è fuggito dalla “operazione militare speciale” di Vladimir Putin.

Del resto in Polonia il sentimento antirusso è sempre stato fortissimo, sin dai tempi dell’impero zarista. Innumerevoli invasioni militari hanno portato i polacchi a considerare i russi quali nemici naturali. Anche perché, avendo un territorio quasi completamente pianeggiante, non vi sono ostacoli naturali che possano frenare gli invasori.

La Polonia è ora diventata il principale hub di smistamento delle armi occidentali al governo di Kiev, suscitando l’ira dello zar moscovita e dei suoi fedelissimi. Numerose anche le minacce – neppure troppo velate – di ritorsione. Il governo polacco ovviamente confida nella protezione della Nato (di cui fa parte), ma con Putin non si può mai dire.

Si rammenterà, infatti, che i russi scatenarono un attacco missilistico su Leopoli, capitale dell’Ucraina occidentale, proprio mentre il presidente Usa Joe Biden era in visita ufficiale a Varsavia. In quell’occasione disse ai cittadini polacchi di non avere paura e di non farsi intimidire. Appello nobile ma pressoché inutile, considerato il loro atteggiamento verso i profughi.

Del resto mi è stato detto che le lingue polacca e ucraina sono molto simili, e tali da favorire facilmente la comprensione reciproca, anche se la prima usa i caratteri latini e la seconda quelli cirillici. Altro elemento che favorisce una facile interazione.

Tuttavia, per capire sul serio il miracolo di un’accoglienza senza ostacoli, occorre rammentare l’inimicizia secolare tra Mosca e Varsavia, aumentata a dismisura quando la Polonia divenne uno dei tanti Paesi-satellite della ex Urss, nonché membro del Patto di Varsavia.

La capitale polacca conserva ancora testimonianze notevoli dell’era sovietica. La più nota è il “Palazzo della Cultura e della Scienza”, “dono” di Josif Stalin al popolo polacco. Alto 237 metri e con 42 piani, domina tuttora la skyline di Varsavia. Il dittatore voleva che fosse un segno tangibile dell’amicizia perenne tra i due popoli. Inutile dire che i polacchi non gradirono, anche se poi lo hanno reso oggetto di attrazione turistica.

Se inoltre visitate l’area centrale dove sorgeva il Ghetto ebraico, raso al suolo dai nazisti, lo troverete occupato da file interminabili di palazzoni tutti uguali e costruiti in perfetto stile sovietico. Analoghi a edifici che si trovano anche a Bucarest, Praga e altre capitali degli ex Paesi satelliti.

In questo caso, però, a differenza del “Palazzo della Cultura”, le autorità polacche progettano di smantellarli per sostituirli con edifici più moderni e che, soprattutto, non richiamino alla mente il periodo del “socialismo reale”.

Meno tensioni con Bruxelles

Notevole anche il fatto che l’accoglienza offerta agli ucraini abbia stemperato (per ora) le polemiche tra il governo conservatore del PIS (“Diritto e Giustizia”) e l’Unione europea. Il ruolo polacco in questa vicenda è troppo importante, e Bruxelles ha ritenuto non sia il caso di indebolire una nazione che si trova sul serio in prima linea nel contrastare Putin.

Resta piuttosto da capire fino a che punto Varsavia, che non ha una situazione economica particolarmente florida, riuscirà a reggere la presenza di milioni di profughi, ai quali vengono pure assegnate forme di sussidio finanziario. In loco non ho trovato, tuttavia, particolare preoccupazione per questo, e alcuni cittadini hanno anche trovato il modo di ricoprire con vernice rossa l’ambasciatore russo a Varsavia.

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