Ecco come la pensa Vannacci su tasse ed evasori

Il generale vuole due cose, entrambe giuste ma entrambe difficilissime da ottenere. Per Giancarlo Pagliarini serve una riforma federale sul modello svizzero

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Ho cominciato a leggere il libro “Il mondo al contrario” del generale Roberto Vannacci. Sono 12 capitoli in 357 pagine e naturalmente sono partito da quello intitolato “Le tasse”. Ecco velocemente sette considerazioni e una conclusione.

(1) Ai problemi delle tasse sono dedicate 18 pagine: il 5 per cento del totale del libro. Vedo che il capitolo 9, “Il pianeta lgbtq+++”, occupa 56 pagine: il 16 per cento di tutto il libro. Forse lo salterò: non è un argomento che mi interessa particolarmente e inoltre ho la fermissima convinzione che la parola più bella in tutte le lingue del mondo è la parola “Libertà”. Freedom. Freiheit. Libertade ecc ecc…

Ricchezza distribuita

(2) Giustamente Vannacci dimostra con numeri e confronti che con una maggiore tassazione in Italia non otterremmo per niente maggiori e migliori servizi.

(3) Commenta il principio della “redistribuzione della ricchezza”. Ricorda che nel “nostro Paese la redistribuzione della ricchezza è già in atto con delle percentuali che hanno dell’incredibile”, e con numeri e statistiche dimostra questa dichiarazione. La sua (e la mia) convinzione è che nel nostro Paese la ricchezza è “estremamente ridistribuita”.

Evasori

(4) Ecco un altro punto che il generale fa bene a ricordare: non è vero che gli italiani sono oppressi dalle tasse. Vannacci ricorda e dimostra coi numeri che la maggioranza degli italiani le tasse non le paga. Sono oppressi dalle tasse solamente quei pochi, quella minoranza, che le pagano davvero e mantengono tutti gli altri. La maggioranza o non versa niente o comunque versa molto meno del costo dei servizi che riceve.

(5) Tema grandi multinazionali. Per Vannacci è ovvio che i colossi devono essere controllati e devono versare, ma “il problema dell’evasione fiscale in Italia non è concentrato nelle grandi ricchezze. È estremamente distribuito”. Fa numerosi esempi di evasione e conclude che “bisognerebbe adottare strategie pragmatiche”. Eccone una: “Le persone che hanno superato i 32-33 anni e non hanno mai presentato una dichiarazione dei redditi andrebbero convocate e dovrebbero spiegare come fanno a vivere”.

(6) Ricorda, e dimostra, che le imposte sul lusso (yacht, nautica di lusso, vetture di alta gamma, ecc) hanno generato più costi che entrate fiscali. (7) Conclude con una critica ad un eventuale inasprimento dell’imposta di successione.

In pratica, Vannacci ricorda (e fa bene a ricordarle!) alcune delle cose che Alberto Brambilla predica in giro per l’Italia da più di trent’anni. Le trovate tutte nelle periodiche pubblicazioni di “Itinerari previdenziali”.

Sono problemi che tutti i membri del Parlamento (beh… quasi tutti) conoscono perfettamente, ed è sicuramente una fortuna che grazie a questo libro se ne parli e se ne discuta il più possibile.

Una sintesi politica

Ecco un tentativo di sintesi politica: in pratica mi sembra di capire che il generale vuole due cose, a mio giudizio tutte e due giuste e tutte e due difficilissime da ottenere dalla politica Italiana:

* Che aumenti il numero di quelli che pagano le tasse. In questo modo diminuirebbe le pressione fiscale sui pochi che oggi le pagano. Scrive:

Se solo una porzione dello zelo profuso in pandemia per controllare che la popolazione non uscisse di casa, fosse speso per il controllo dei potenziali evasori, il gettito fiscale aumenterebbe immediatamente, così come sono diminuite repentinamente le domande di reddito di cittadinanza all’annuncio di più serrati e minuziosi controlli.

Giusto, ma ahimè oggi non vedo nessun partito pronto ad operare su questa lunghezza d’onda. A mio giudizio per raggiungere questo obiettivo sarebbe necessaria la riforma federale (modello svizzero) e la diffusione del principio e della prassi di “concorrenza”.

* Più severità verso gli evasori. Cita la situazione negli Stati Uniti, ricordando che alcuni suoi colleghi militari d’oltreoceano gli avevano confidato che “preferivano dichiarare qualche somma in più piuttosto che correre il rischio di essere accusati di una supposta evasione fiscale. Reato temutissimo negli Usa proprio perché le pene correlate sono estremamente severe”.

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