L'intervista

Per Conte pasticcio senza benefici se non va all’opposizione. Intervista a Castellani

Lorenzo Castellani ad Atlantico Quotidiano: Draghi? Un garante esterno rispetto a Ue e Usa, più che un riformatore interno

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Dopo l’astensione di giovedì al Senato, il Movimento 5 Stelle andrà fino in fondo. E il premier sarà disposto a continuare l’esperienza di governo senza i pentastellati? E i partiti di centrodestra come si comporteranno? Questi alcuni degli interrogativi che abbiamo sottoposto a Lorenzo Castellani, docente di storia delle istituzioni politiche presso la LUISS Guido Carli di Roma.

Il gioco di Conte

WILLIAM ZANELLATO: Professor Castellani, dopo l’astensione di giovedì al Senato sul decreto aiuti, il Movimento 5 Stelle andrà fino in fondo o alla fine, la prossima settimana, voterà la fiducia a Draghi? Ritiene possibile una nuova spaccatura all’interno dei pentastellati?

LORENZO CASTELLANI: Se il gioco politico di Conte ha una logica allora il Movimento 5 Stelle dovrebbe andare all’opposizione. Dipenderà da come Conte reggerà la pressione degli ex alleati, del Quirinale e dei mercati.

È possibile che il Movimento perda qualche altro pezzo anche perché la paura del voto e la scarsità di probabilità di essere rieletti di molti dei suoi non gioca a favore del leader pentastellato.

Se rientrasse nella maggioranza, anche a fronte di qualche concessione programmatica da parte degli altri e del premier, per Conte sarebbe un disastro politico, un pasticcio senza alcun beneficio.

Un Draghi-bis senza 5 Stelle

WZ: Draghi, secondo lei, sarebbe disposto a continuare anche senza i 5 Stelle, cambiando completamente la natura del governo?

LC: Penso che ciò sia possibile solo se tutti gli altri partiti assicureranno un sostegno quasi incondizionato a Draghi almeno fino all’approvazione della legge di bilancio.

Per lui perdere questi 5 Stelle potrebbe essere un vantaggio tutto sommato, significa meno compromessi al ribasso sulle policy, meno politiche clientelari e di spesa. E poi metà dei vecchi 5 Stelle, tra il gruppo di Di Maio e il Misto, sono ancora in maggioranza.

Nessuno fa miracoli, Draghi incluso

WZ: Non trova che anche il premier Draghi, in particolare in politica economica ed energetica abbia finito per rincorrere i populisti sul loro terreno? Non è in fondo la rinuncia alle fonti fossili in nome della transizione green la quintessenza della demagogia?

LC: Draghi sul green ha seguito meticolosamente l’Unione europea e retrospettivamente non è stata una buona strategia perché rischiamo di rimetterci imprese e posti di lavoro. La rinuncia al fossile, la fine degli investimenti in quel settore negli ultimi anni in nome di una crociata fanatica ha contribuito a generare una grande scarsità di offerta. Con una battuta si potrebbe dire che i migliori alleati di Putin sono stati gli ambientalisti americani ed europei.

Ciò detto, penso che almeno un pezzo del governo – lo stesso Draghi, Giorgetti, Cingolani – sia al corrente di quanto una transizione ecologica interpretata in modo ideologico e “sovietico” possa essere dannosa per la manifattura italiana. C’è modo e modo di attuare le politiche richieste e si può optare anche per forme più caute, meno inclini all’ambientalismo radicale, più rispettose del lavoro e della proprietà privata.

Quanto all’economia ci siamo illusi che un uomo avrebbe potuto cambiare i vizi dei partiti e del Parlamento. In Italia questo abbaglio viene preso costantemente. Tuttavia, nonostante l’ex presidente della Bce il reddito di cittadinanza, quota 100, i vari bonus e superbonus, i sussidi sono ancora lì mentre le tasse aumenteranno nei prossimi anni e la legge sulla concorrenza si risolverà in quasi nulla di fatto.

Senza una coerenza nel programma e una cultura politica nessuno fa miracoli, Draghi incluso. Il presidente del Consiglio è stato un garante esterno, rispetto all’Ue e agli Stati Uniti, più che un riformatore interno.

E il centrodestra?

WZ : La crisi sottoporrà ad ulteriori fibrillazioni i partiti di centrodestra? Un sostegno di Lega e Forza Italia ad un eventuale Draghi-bis non rischia di isolarli ulteriormente da Fratelli d’Italia?

LC: Non credo. Il centrodestra è già diviso da tempo sull’appoggio a Draghi. Meloni si aspetta che i suoi alleati continueranno a sostenere l’Esecutivo. Non vedo spaccature ulteriori. Tutte le forze del centrodestra sono essenziali per vincere le elezioni, chi guida il partito maggiore sa che non può prescindere dagli altri.

WZ : Le trattative in corso sembrano avere come obiettivo quello di recuperare Conte e i 5 Stelle, convincerli a ritornare sui loro passi. Crede che Lega e FI dovrebbero accettare la ricomposizione della vecchia maggioranza come se nulla fosse accaduto?

LC: Penso che alla Lega e a Forza Italia convenga intanto portarsi avanti col lavoro se Draghi resterà: portare al tavolo le proprie proposte sui provvedimenti che restano da approvare e poi scrivere un programma comune in vista delle elezioni.

Mi pare chiaro che l’intero programma elencato da Conte fondato su spesa pubblica demagogica e ambientalismo ideologico non sia accettabile per queste due forze, ma non lo è nemmeno per Draghi. Conte è da riaccogliere in maggioranza soltanto se tornerà sui suoi passi.

Inoltre, se il governo Draghi dovesse perdere il Movimento 5 Stelle il peso della destra di governo sarebbe maggiore, con qualche margine di influenza ulteriore.

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