Per un governo dei migliori servono “partiti dei migliori”

Classe politica da decenni chiusa in se stessa, incapace o più probabilmente non desiderosa di democratizzare i processi di selezione. Servono primarie a tutti i livelli

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Ci sono argomentazioni serie che uomini profondamente intelligenti hanno portato avanti a favore dell’elitismo, nella sua accezione più utopica di governo dei migliori, come nella sua accezione più cinica di governo dei pochi privilegiati.

Queste argomentazioni, nel mondo di oggi, che tende a vedere le differenze di valore tra uomini alla stregua di un crimine, sono sostanzialmente state abbandonate da tutti. Abbiamo per la verità sentito parlare anche, negli ultimi anni, di “governo dei migliori” e di “competenza” come condizione necessaria e sufficiente per regnare, ma è lapalissiano che queste teorie non sono neppure tenute in considerazione al di fuori di una ristretta cerchia di sedicenti illuminati.

Democrazia interna

È quindi alla luce di questo ragionamento che appare incomprensibile come la classe politica sia rimasta per decenni chiusa in se stessa, incapace o più probabilmente non desiderosa di democratizzare i propri processi di selezione.

Che il politico sia votato all’autoconservazione (caratteristica a dire il vero profondamente umana) è noto a tutti, ma è davvero possibile che dopo tutte le svolte, i cambiamenti repentini e i disastrosi cataclismi della politica italiana sotto questo profilo non sia cambiato nulla?

L’attuale partito di maggioranza relativa, che esprime il presidente del Consiglio, nacque proprio da una scissione motivata dalla mancanza di democrazia interna al più grande partito di centrodestra che la storia italiana abbia mai visto, quindi com’è possibile che in dieci anni quel messaggio non solo non sia stato recepito da nessuno ma sia ora totalmente ignorato da tutti?

È davvero così impossibile immaginare un sistema partitico ed elettorale vicino a quello americano, con primarie a tutti i livelli e quindi ascolto degli elettori costante? È davvero così impossibile immaginare che alle riforme istituzionali in senso presidenziale e federalista, e a quelle elettorali in senso maggioritario, si aggiunga una riflessione sul ruolo dei partiti e come questo si sia per forza di cose evoluto dal Dopoguerra ad oggi?

L’immobilismo della nostalgia

In teoria, siamo già alla Terza Repubblica ma lo spirito della Prima pervade ogni cosa come una folta nebbia che nasconde ogni via d’uscita dal pantano dell’immobilismo. Evolvere non significa abbandonare le storie di persone o schieramenti, significa però accettare che i tempi cambiano e che arriva un punto nel quale è necessario chiedersi se valga la pena vivere di nostalgia, o non occorra invece abbracciare il cambiamento e magari pure guidarlo.

Se si fallirà, come si è fallito per decenni in questa missione, ho paura che sempre più cittadini diventeranno disillusi rispetto alla politica e sempre più giovani se ne allontaneranno in favore di settori più trasparenti e meritocratici.

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