E se il generale Soleimani fosse diventato troppo ingombrante anche per l’Iran?

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Premessa necessaria: questo non vuole essere un articolo di certezze, ma di ipotesi. Ipotesi interessanti, non motivate da una passione per i complotti, ma basate su rivelazioni di un certo peso che stanno uscendo su alcuni siti di informazione.

La domanda è la seguente: e se il generale Soleimani fosse diventato troppo ingombrante anche per l’Iran? Per dirla meglio: è possibile che una parte importante dell’establishment iraniano avesse cominciato a vedere proprio in colui che aveva disegnato e guidato la strategia d’espansione dell’Iran negli ultimi dieci anni una leadership troppo condizionante in chiave presente e futura?

Che qualcosa non quadra all’interno del sistema di potere iraniano, che le fratture ai suoi vertici siano drammatiche, è dimostrato dagli articoli che ormai da mesi sta pubblicando il sito d’inchiesta The Intercept. Proprio qui, infatti, sono stati rivelati i contenuti di una serie di cable segreti iraniani prodotti dagli agenti del MOIS, ovvero gli agenti dell’intelligence iraniani sparsi per il mondo.

Sono questi agenti che, anonimamente, hanno passato a questo sito d’informazione le loro valutazioni e rivelazioni sull’agenda politica del regime, o meglio, in particolare, su alcune azioni messe in atto dai Pasdaran, spesso su ordine proprio di Qassem Soleimani. Abbiamo appreso, per esempio, dell’incontro avvenuto in Turchia tra agenti della Forza Qods iraniana e membri della Fratellanza Musulmana egiziana in esilio. Incontro che, per l’appunto, non ha visto coinvolti diplomatici e membri dell’intelligence iraniana, ma solo i rappresentanti del corpo speciale dei Pasdaran.

Il 5 gennaio del 2020, quindi in seguito all’uccisione di Soleimani, sempre il sito The Intercept ha pubblicato un articolo in cui vengono rivelate le valutazioni degli agenti del MOIS sulle attività di Soleimani in Iraq. Denunciano, per esempio, che l’aggressività di Soleimani contro i sunniti iracheni rischia di favorire l’Isis e che, ormai, il generale si è montato la testa, vede se stesso come il vero padrone della politica estera iraniana, ispirandosi prima all’ex ministro degli esteri turco Ahmed Davutoglu e poi al capo dell’intelligence turca, Hakan Fidan. Sempre nello stesso articolo, si rivelano gli incontri nel consolato iraniano di Basra, in Iraq, con comandanti sciiti di alcune milizie paramilitari irachene inquadrate nella Forza di Mobilitazione Popolare. Questi comandanti avrebbero chiesto agli iraniani di comandare direttamente i loro miliziani e di ispirarli a livello dottrinario e religioso.

Nel complesso, anche in questo caso, l’immagine che ne esce di Soleimani – descritta dagli stessi iraniani – non è affatto positiva. Oltre a questo, si intravede chiaramente che esiste una forte competizione tra i Pasdaran e il Ministero dell’Intelligence iraniano, due entità che lavorano a quanto pare su due binari complementari, ma anche diversi e talvolta divergenti.

Insieme agli agenti del MOIS, sicuramente a non vedere di buon occhio il generale Soleimani erano i membri del governo iraniano, in particolare il ministro degli esteri Javad Zarif. Come dimenticare che fu proprio Zarif a rassegnare le dimissioni – poi ritirate – quando Soleimani organizzò in solitaria l’arrivo a Teheran del presidente siriano Bashar al Assad, nel febbraio 2019? Assad atterrò in Iran e venne direttamente portato ad incontrare la Guida Suprema Ali Khamenei. Come suddetto, Zarif non la prese bene, reagendo all’esclusione con le sue dimissioni, poi rifiutate dal presidente Hassan Rouhani.

Un ultimo punto, ci riporta ad un articolo pubblicato su Atlantico qualche mese fa: nell’ottobre del 2019, proprio Soleimani aveva rilasciato una intervista direttamente al sito della Guida Suprema, in cui si dipingeva come un martire vivente (soprattutto dopo un presunto tentativo denunciato di ucciderlo), in cui lasciava capire che Teheran non aveva alcuna intenzione di diminuire le sue azioni esterne, soprattutto in Iraq e Libano, e in cui alcuni videro l’intenzione dello stesso Soleimani di candidarsi a presidente dell’Iran.

Concludendo, e ritornando alla domanda iniziale: Soleimani era diventato un personaggio troppo ingombrante nel sistema istituzionale iraniano? Considerando quanto suddetto, possiamo certamente rispondere di sì. Ovviamente, ciò non ci porta automaticamente a concludere che Soleimani sia stato tradito proprio dagli iraniani il giorno della sua uccisione. Ma che molte delle lacrime piante dai rappresentanti iraniani durante il suo funerale non fossero sincere, ma di circostanza, è più che verosimile.

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