Il curioso caso del Pd, Partito-Stato che governa e controlla il Quirinale senza vincere un’elezione dal 2006

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C’è ancora una volta un fatto singolare al termine di questa settimana di follie romane per l’elezione del nuovo capo dello Stato: la riconferma del presidente uscente Mattarella è, nuovamente, l’elezione di un personalità con una storia politica espressione del mondo progressista.

“Ma come?” direte voi, “il Pd non era stato il grande sconfitto delle elezioni del 2018?”. “Come ha fatto il Pd a riconfermare un suo uomo al Quirinale disponendo solamente del 15 per cento dei grandi elettori?” Beh, rispondere a queste domande è semplice, gli ultimi anni ne sono la dimostrazione pratica: la sinistra non vince un’elezione dal 2006 ma, non si sa bene come, governa quasi ininterrottamente dal 2011 (fatta eccezione per la breve parentesi gialloverde) ed è riuscita ad eleggere per quattro volte consecutive un presidente della Repubblica proveniente dalle sue file.

L’abitudine a governare, a occupare cariche e ministeri senza consensi nel Paese, ormai il Pd l’ha tatuata addosso, avendo sviluppato un’abilità e una padronanza uniche nella gestione del potere. Tutto questo è legittimo? Assolutamente sì. È decoroso ed auspicabile? Probabilmente no, ma non stiamo certo qui a fare del moralismo o delle prediche politiche: se guardiamo le cose dalla loro prospettiva, i Democratici fanno benissimo a proseguire su questa strada, se c’è chi glielo permette.

Nell’agosto del 2019 fu l’attuale inquilino del Quirinale a dare una mano alla sinistra, quando si rifiutò di sciogliere le Camere e diede il via libera ad una raffazzonata maggioranza giallorossa. Nella settimana appena trascorsa, invece, ci ha pensato un centrodestra di zombie a portare soccorso alle truppe parlamentari progressiste, accettando di votare per la rielezione di Mattarella per il solo gusto di partecipare, così da non sembrare il grande escluso della partita. Risultato? Il centrodestra non solo è stato comunque il grande sconfitto di questa elezione ma è anche riuscito nell’impresa di far apparire Letta e il Pd come i trionfatori, dopo che questi ultimi erano rimasti ibernati per un’intera settimana, facendosi vivi solo per urlare “no” e dimostrandosi incapaci di esprimere anche un solo nome credibile da candidare.

Ecco come si spiega l’anomalia: come il centrodestra è colpito da un complesso di inferiorità nei confronti dell’egemonia culturale della sinistra, così, allo stesso modo, sembra incapace di reagire di fronte al dominio progressista nei palazzi del potere. Evidentemente, invece di tentare di costruire qualcosa di simile a suo favore (in Parlamento e non), il centrodestra preferisce piangersi addosso e puntare il dito contro i dispetti che subisce continuamente dai suoi avversari…

Le singolari vicende delle trattative per il nuovo capo dello Stato ci offrono dunque due conferme e due spunti da considerare in ottica futura.

La prima conferma è, come anticipato, l’inarrivabile capacità del Pd nel muoversi e destreggiarsi quando c’è da occupare posti di potere.

La seconda, anche questa menzionata nelle righe precedenti, è l’assoluta incapacità del centrodestra di farsi valere a livello parlamentare. Sembra quasi l’ingenuità di un bimbo quella con cui sono state condotte le trattative.

Il primo spunto di riflessione che, invece, viene quasi naturale è la fine del mito della “Costituzione più bella del mondo”. Siamo alla seconda rielezione consecutiva di un capo di Stato uscente con l’art. 85 parzialmente aggirato entrambe le volte (lo dimostrano anche le parole di Ciampi quando, al tempo, si ventilava l’ipotesi della sua riconferma). Forse con una seria riforma dell’architettura dello Stato si potrebbe voltare pagina e rinsaldare un legame tra demos kratos sempre più debole: modello francese o modello americano, basta che si interrompa il paradosso di governi e maggioranze privi di alcuna parentela con il voto dei cittadini, che ormai dura dal lontano 2008, quando gli elettori premiarono Berlusconi per la terza volta.

Infine, la seconda ed ultima riflessione riguarda il clamoroso rischio di un ritorno al proporzionale che si fa via via sempre più concreto con la frammentazione delle forze politiche conseguente alla rielezione di Mattarella. Così sarebbe davvero la tempesta perfetta per avviarsi verso altri anni di esecutivi ircocervo e giochi di palazzo alle spalle degli elettori. Si spera (con poche probabilità) che qualcuno a Roma si accorga di tutto ciò…

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