Libia: l’Italia ha sbagliato tutto ciò che poteva sbagliare

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Dato per assunto che gli interventi in Libia del 2011 per deporre Gheddafi furono un errore, non per gli interventi in sé, ma in quanto non seguì alcuna strategia di Istitution Building post conflitto, si può serenamente affermare che l’Italia abbia sbagliato tutto ciò che si poteva sbagliare nella fondamentale partita libica. Negli ultimi tempi abbiamo assistito ad una apertura italiana nei confronti di Haftar (come suggerivo nel mio articolo per Atlantico Quotidiano del 7 agosto 2018), che però è risultata tardiva e flebile.

Il cambiamento è così evidente che il premier Conte ha dichiarato: “l’Italia non sta né dalla parte di Haftar né dalla parte di Serraj”. Cambio di rotta repentino e a 180 gradi – dicevamo – visto che per anni sia col governo precedente che con l’attuale l’Italia si era sempre posta dalla parte di Serraj. Mi pare ovvio che un lunatismo di questa entità non possa che generare una perdita di credibilità. Nei fatti la variazione improvvisa di strategia ha fatto sgretolare i solidi rapporti che l’Italia aveva con Serraj e al contempo il tardivo sostegno al generale della Cirenaica, dopo che questo nel frattempo ha ricevuto un ampio sostegno internazionale (Egitto, Francia, Arabia Saudita, Emirati Uniti, Russia e ultimamente anche Stati Uniti), la mette nelle condizioni di essere un alleato inaffidabile e, se non altro, l’ultimo partner arrivato. Quindi, ancora una volta, invece di influire sullo scacchiere libico, l’Italia lo subisce.

Anche l’Ue non è nelle condizioni di sostenere la posizione italiana in Libia, vista la concorrenza francese e il consolidarsi dell’asse franco-tedesco. Proprio in ottica europea non è comprensibile la posizione dell’Italia, che oggi paga anche il mancato rafforzamento dei rapporti con il Regno Unito, che poteva essere l’unico attore europeo in grado di fare da contraltare all’asse franco-tedesco (lasciato fuggire dall’Unione senza tener conto di quanto ciò influirà negativamente su tutti gli stati membri). Non aver mai preso una direzione decisamente atlantista, al contrario ammiccando alla Russia, forzando la nostra adesione alla Belt and Road Initiative cinese (esporteremo degli ottimi agrumi siciliani, evviva!), ci ha precluso il pieno sostegno degli Usa.

Le strategie internazionali del precedente governo e dell’attuale sono diverse, ma altrettanto sconvenienti. Si è passati da una strategia passiva, troppo accodata alla “non strategia” Ue, a un’azione incoerente (rapporti con Usa, Cina, Russia) e mutevole (Libia), peggiorata da un isolamento dovuto alla spasmodica ricerca di nemici (scontri e dispetti con la Francia e Germania) e di amici con i quali si hanno interessi contrastanti (Ungheria), riuscendo a non avere appoggi sostanziali da nessuna grande potenza, né da altri paesi Ue influenti.

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