Strage di Colorado Springs: ecco come funziona il controllo della narrazione

La prima versione della storia è quella che conta e i media di sinistra si avventano su ogni tragedia per fornire quella più conveniente politicamente. Al diavolo i fatti

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È triste dirlo, ma la sparatoria nel Club Q di Colorado Springs in cui cinque persone hanno perso la vita, offre un case study su come non solo oggigiorno ogni tragedia venga politicizzata, ma anche come e da chi.

Questo particolare episodio si inserisce in due tendenze politiche al momento calde negli Stati Uniti: la lotta alla teoria gender, e la montante classificazione dell’opposizione alle rivoluzioni culturali progressiste, ed alle politiche dell’amministrazione Biden, come di fascisti, e ora anche terroristi.

L’eco degli spari non si era ancora spento che tutti i media già urlavano alla strage omofobica puntando il dito, oltre che verso il solito Secondo Emendamento, verso il mondo conservatore, accusato di omofobia e transfobia per il suo impegno nel fermare la diffusione della teoria gender nelle scuole e il trattamento di minori in cliniche per il cambiamento di sesso.

La lotta alla teoria gender

Negli ultimi anni la teoria gender è diventata un argomento caldo negli Stati Uniti, come dimostra l’inatteso successo di documentari come “What is a Woman” di Matt Walsh.

Il governatore Repubblicano della Virginia, Glenn Youngkin, è stato eletto anche sfidando i potenti sindacati degli insegnanti (un solido feudo Democratico) sulla dottrina gender nelle scuole. La stessa battaglia sta venendo combattuta dal popolare governatore della Florida, e nuovo golden boy Repubblicano, Ron DeSantis.

Lo Stato del Tennessee ha recentemente passato una serie di leggi che impediscono il trattamento ormonale e chirurgico di minori che si identificano come transgender. Sempre più forti si fanno inoltre le voci di transgender pentiti di aver affrontato la conversione in giovane età, e spesso dietro pressioni sociali.

Le accuse ai conservatori

Per il mondo progressista, accusare di bigottismo il mondo conservatore, anche sfruttando cinicamente tragedie come quella di Colorado Springs, non è affatto una novità, ma le accuse stanno montando al punto da essersi trasformate in accuse di “terrorismo stocastico”. L’idea sarebbe che criticando la teoria gender, i conservatori incitano indirettamente alla violenza verso gay e trans.

Questa tendenza a classificare l’opposizione politica come illegittima e i suoi argomenti come pericolosi è stata in constante aumento negli Stati Uniti sin dall’elezione del “razzista/omofobo/spia russa” Donald Trump, tanto da essere diventata una strategia elettorale per Joe Biden, sia nelle presidenziali che nelle elezioni di metà termine, che per giunta sembra pagare.

I fatti non contano più

È emerso però un piccolo dettaglio: pare che l’attentatore del Club Q si identifichi come “non-binario”, e risponda al pronome “loro” (they/them), piuttosto che “lui” o “lei”. Questo hanno dichiarato i suoi avvocati in tribunale. Sarebbe perciò non un conservatore bigotto e arrabbiato, bensì un membro della sempre crescente comunità acronomica Lgbtq+. Ma questo capovolgimento totale dei fatti è improbabile faccia una differenza una volta che la narrazione è stata stabilita.

Mentre i progressisti urlavano che un omofobo conservatore aveva massacrato dei gay in Colorado, i conservatori offrivano in alternativa la loro solita risposta: “Preghiere per le vittime, ma dovremmo aspettare che tutti i fatti siano noti”.

Moralmente parlando questa è la cosa giusta da fare, e la maniera in cui l’informazione dovrebbe esistere in una democrazia funzionale. Ma paga politicamente? Purtroppo sembra di no. Il pubblico che è stato malinformato dalle accuse precoci di media e politici, e portato a credere una storia che non era vera, sarà scandalizzato e punirà i disinformatori? L’esperienza suggerisce di no.

Il controllo della narrazione

Ciò avviene per diversi motivi, che ci mostrano come funziona il controllo della narrazione nella nostra società.

Per cominciare, viviamo in un ciclo informativo che dura al meglio 24 ore. La prima versione della storia è pertanto quella che il pubblico riceve e mantiene. Ventiquattro ore dopo si sta parlando di qualcos’altro, e quasi nessuno torna indietro a controllare i fatti una volta che sono noti. Questo rende fondamentale per i media e per la politica stabilire la narrazione preferenziale sin dal principio, e al diavolo l’accuratezza.

L’attacco al Pulse Club

Come ha scritto Glenn Greenwald, la maggior parte del pubblico è ancora convinta che l’attacco di un terrorista islamista al Pulse Club di Orlando nel 2016 fosse motivato da omofobia, mentre tutti gli indizi mostrano che la motivazione era politica.

Ma all’epoca l’amministrazione Obama aveva una politica non-ufficiale di minimizzare la minaccia del terrorismo islamista (chi ricorda la “violenza sul luogo di lavoro” a Fort Hood?). Mentre la discussione politica sui matrimoni gay era calda, e additare la supposta omofobia dei Repubblicani pagava politicamente. L’attacco fu pertanto presentato sin da subito come anti-gay.

Il ruolo dei media di sinistra

E naturalmente ciò ci porta al ruolo dei media che, non è esattamente un segreto, in tutto il mondo occidentale sono quasi interamente politicamente schierati a sinistra. Il che fornisce alle narrazioni progressiste una soverchiante potenza di fuoco propagandistica.

I media schierati sono ben contenti di fornire alla propria parte politica qualunque narrazione conveniente senza aspettare i fatti, tanto più che con il breve ciclo informativo pochi noteranno la differenza.

Il fattore emotivo

Inoltre, l’impatto emotivo è più potente della razionalità. Quando l’orrore per un raccapricciante atto di violenza viene diretto sin da subito verso un determinato capro espiatorio (armi da fuoco, omofobia, eccetera), ritornare sui propri passi diventa psicologicamente doloroso. In pochi lo fanno. L’attitudine diventa che anche se l’episodio non è vero, il problema c’è.

I “moderati”

Infine, c’era una volta la Maggioranza Silenziosa, la teoria per cui, anche se non fa sentire la sua voce, il moderato/centrista/tipo normale, sta prestando attenzione, è moralmente retto, punirà coloro che gli hanno mentito e premierà quelli che sono stati cauti e veritieri.

Ma questo non sembra succedere molto spesso. Sembra più invece che la Maggioranza Silenziosa sia o distratta, oppure che preferisca “puntare sul cavallo più forte”, come si dice in Medio Oriente. Alla fine il moderato/centrista/tipo normale sceglie di non nuotare controcorrente, e di non rischiare di essere bollato come “terrorista stocastico”.

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