Perché Amy Coney Barrett merita di sostituire RBG e non di essere discriminata per la sua fede

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“Un giudice deve applicare la legge, non fare politica”. Amy Coney Barrett si presenta con una frase che andrebbe scolpita in ogni tribunale, soprattutto in quelli italiani. Ma per la sinistra lo straordinario talento di una donna non basta… se cattolica…

La nomina di Amy Coney Barrett alla Corte Suprema è il colpo da maestro del presidente degli Stati Uniti che chiude il suo primo quadriennio. Ed è una scommessa, una scommessa che potrebbe premiarlo con un buon bottino di voti alle elezioni di novembre.

La nomina di un nuovo giudice si era resa necessaria dopo la morte di Ruth Bader Ginsburg, RBG, avvenuta il 18 settembre. La Ginsburg era stata nominata nel 1993 da Bill Clinton e lungo tutta la sua carriera si è distinta per le sue posizioni progressiste, in particolare, in materia di diritti civili, fatto che l’ha portata a diventare icona indiscussa del mondo liberal americano e non solo. Trump ha subito comunicato che l’avrebbe sostituita, come prescrive la Costituzione, scatenando l’ira dei Democratici e dei loro sostenitori, secondo i quali sarebbe spettato al presidente che verrà eletto a novembre “occupare quel posto”.

Il presidente in carica, grazie al sostegno del leader della maggioranza al Senato Mitch McConnell e del gruppo repubblicano, ha proseguito sulla sua strada, consapevole del fatto che avrebbe avviato una dura lotta nell’aula della Camera Alta. Fin da subito sono emerse due favorite per il posto alla SCOTUS: Barbara Lagoa, figlia di cubani fuggiti dal regime di Castro, giudice della Corte d’appello degli Stati Uniti per l’Undicesimo Distretto in Florida, e già prima donna ispanica ad essere nominata giudice della Corte suprema della Florida, ed appunto Amy Coney Barrett, dal 2017 giudice di circoscrizione presso la Corte d’Appello degli Stati Uniti per il Settimo Distretto a Chicago.

Sabato pomeriggio Donald Trump ha annunciato, in una cerimonia presso il Rose Garden della Casa Bianca, la nomina della Barrett. ACB, come già viene soprannominata, ha 48 anni (diventerebbe la più giovane “justice”, dopo Clarence Thomas nel 1991 a 43 anni), ha sette figli (di cui due adottati ed ai quali il presidente si è così rivolto durante il suo discorso: “Thank you for sharing your incredible mom with our country”) ed è docente di diritto nell’università di Notre Dame, dove ha anche studiato. Prima dell’insegnamento ha lavorato come law clerk, tra gli altri, per Antonin Scalia proprio presso la Corte Suprema ed è alla scuola di pensiero originalista dell’influente giudice conservatore, scomparso nel 2016, che la Barrett appartiene. Il suo legame con Scalia lo ha ribadito lei stessa durante il discorso tenuto dopo la nomina, infatti lo ha citato dicendo: “A judge must apply laws as written. We are not policy makers”. Una frase che andrebbe scolpita in ogni tribunale, soprattutto in quelli del nostro Paese.

Ma quello che, stando alle reazioni dei liberal e dei loro media, anche italiani, appare come il suo più grande difetto è un altro: Amy Coney Barrett è cattolica e crede, fino ai fondo, ai principi della sua religione. A fronte di un curriculum di massimo livello, di un percorso di studi e lavorativo che la pone come una delle migliori scelte possibili, la sua fede, vissuta non all’acqua di rose, è sufficiente a far levare gli scudi da sinistra ed a portare il ticket democratico Biden-Harris a lanciare un appello affinché la conferma venga bloccata. Le accuse che le vengono mosse vanno dall’essere una “fondamentalista” al voler sovvertire la sentenza Roe vs. Wade, che ha legalizzato l’aborto negli States. Ma il GOP ha i numeri per vincere la partita al Senato e portare a termine uno dei percorsi di conferma più veloci della storia. Mitch McConnell conosce l’importanza di questa vittoria.

La nomina e la conferma della Barrett sono una scommessa fondamentale nel quadro delle elezioni di novembre. Trump sa che la sua mossa può valergli un bottino di voti utile a fargli vincere lo sprint finale contro Biden, ricompattando la sua base, formata da conservatori ed evangelici, e recuperando il voto dei cattolici e di quella maggioranza silenziosa a cui The Donald continua ad appellarsi. Quindi la partita, volta a spostare la SCOTUS sempre più a destra, i giudici conservatori diventerebbero 6 contro 3 liberal, è, ovviamente, molto più ampia e delicata.

In questo quadro è bene sperare che le qualità ed il lavoro svolto nel corso della sua carriera dalla Barrett non passino in secondo piano e che, insieme alla sua “judicial philosophy” ed al suo amore per il Paese e la Costituzione, siano l’argomento principale al centro del dibattito che precede il voto di conferma, non il suo essere cattolica. Perché ACB merita di sostituire RBG, con buona pace della vergognosa discriminazione su base religiosa portata avanti dai Dems…

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