Più Europa per cosa? Quando non fa danni, l’Ue è assente

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Il senatore vivente Mario Monti, che i media di regime chiamavano “Supermario”, ottimo burocrate ma professore dimenticabile, uomo di governo catastrofico, uno che come cura da cavallo ammazzava il cavallo, insiste: “Ci vuole più Europa”. Una fissa quasi sessuale, preoccupante. Ci vuole più Europa, mantra in sé insignificante, che può significare tutto e niente: sarebbe da chiedere lumi al professore, più Europa in che senso? Per cosa? Il progetto europeo nacque già tarato, sciagurato. Un tasso di cambio demenziale, grazie all’omologo Prodi, utile alla Germania per scaricare sul continente i costi della riunificazione. Un asse franco-tedesco evidente da subito, a scapito in particolare della fascia mediterranea. Parametri esoterici, buoni a distruggere chirurgicamente precisi sistemi-paese, al di là delle pecche nazionali, e sono finalmente uscite le telefonate coperte a dimostrare un cinismo criminale: i greci? Ma sì, che crepino tutti, così noi ci spartiamo le spoglie. Sono usciti anche certi tweet da cosca, in cui i mammasantissima si rallegrano dei processi all’italiano Salvini in questi termini precisi: bene, distruggerlo, farlo fuori, è solo l’inizio, la magistratura saprà finire il compito. Toni da centro sociale, da sardine o da fotografi fuori di testa.

Ma in concreto non c’è un solo aspetto di cui si possa dire che l’Europa è stata non si dica risolutrice ma almeno presente. La gestione dei migranti dopo anni è ancora al palo dei vertici, dei brindisi, “adesso si fa sul serio, adesso si cambia passo”. L’hanno cambiato, hanno rimesso in Italia un governo di sinistra e gli sbarchi sono decuplicati, siamo sempre a Pozzallo, a Lampedusa. Sulla sicurezza contro il terrorismo islamista nessuna azione se non quella del fatalismo e del conformismo, dei gessetti, dei palloncini, se ammazzano un giovane ingenuo come Antonio Megalizzi l’Europa gli costruisce sopra un’aura di santità, inspiegabile quanto ipocrita, stando bene attenta a non specificare da chi è stato abbattuto e in quali circostanze. Dove sta l’Europa sulla questione Regeni? Sul coordinamento di forze di controllo e di polizia? Su una azione di coordinamento economico razionale? Dove si è mai vista l’Europa Unita in supporto di una Italia ottusamente lasciata a cavarsela da sola, qualsiasi cosa le accada, meritata o meno? E andrebbe anche bene, se non che le soluzioni che siamo chiamati ad adottare da soli vengono inesorabilmente complicate, disinnescate. Anche sull’ultima emergenza, legata al coronavirus, non si è visto lo straccio di una presenza e l’analista e ricercatore Lorenzo Castellani ha giustamente notato: non un’idea, un progetto, una direzione, una strategia, l’Unione ha brillato per inesistenza.

Più Europa per cosa, senatore Monti? Per la censura delle idee e degli scritti? Per il genderismo infantile? Per il petalosismo Erasmus? Per la metastasi di raccomandazioni, adempimenti, tributi, normative, procedure astruse che finiscono di distruggere la vita a cittadini e aziende? Per il rigore fasullo sui conti, per il feticismo dei bilanci, per i patti e le clausole manicomiali? Per potenziare questo curioso, malsano ibrido, iperliberista in economia, sovietico sui diritti personali e civili? Più Europa dove, come se l’Europa Unita non è mai stata tanto disunita, discordante?

Di Europa c’è senz’altro bisogno e l’Europa esiste nella sua storia, nei suoi lasciti sempre più rinnegati, cosa che il cardinale in fama di reazionario Robert Sarah non si stanca di ripetere per quanto il Papa socialista Bergoglio non si stanca di dimenticare; l’Europa sta anche nelle sue contaminazioni rigeneranti, nel suo faticoso ma irresistibile progresso democratico, liberale, civile e questo è pacifico, non aspetta la scoperta dell’acqua calda dei professori mediocri; ma l’Europa di Bruxelles è una sclerosi, un’astrazione, una profezia in eterna attesa di avverarsi. Un gioco da tavolo, un Monopoli per superburocrati da nessuno nominati ma che, mandato dopo mandato, disabituano i singoli stati all’onore e all’onere delle decisioni urgenti e tempestive. Decisioni politiche, decisioni di governo. “Ci deve pensare l’Europa” è un altro mantra, come “Ci vuole più Europa”, puntualmente sconfessato dai fatti: come fa a risolvere qualsiasi cosa un sovraorganismo che nei fatti non esiste?

La presunta inevitabilità dell’Unione è come la presunta genialità di Morgan: alzi la mano chi ricorda un suo successo. Diremmo che questa Europa autoreferenziale c’è quando si tratta di vietare, di impastoiare, di distruggere ma si rende latitante non appena si verifica un qualsiasi accadimento complesso. A meno che il senatore a vita non intendesse fare propaganda elettorale per il partito sorosiano di Emma Bonino, altra microastrazione. A meno che, con “ci vuole più Europa”, quanto a dire più nulla, più vuoto pneumatico, non intendesse parlare di sé, lanciarsi all’ambita, meritatissima carica di prossimo presidente della Repubblica italiana.

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