Se telefonando… Ecco perché il ministro Zarif è solo una controfigura

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Chissà se il ministro degli esteri iraniano Zarif, parlando lunedì scorso al telefono con il suo omologo italiano Di Maio, gli ha anche riportato la rabbia del regime per il grande evento organizzato qualche giorno fa a Gerusalemme, per ricordare i 75 anni dall’apertura dei cancelli del campo di sterminio di Auschwitz…

Chissà se Zarif, al telefono con Di Maio, gli ha riportato anche il comunicato finale rilasciato dal segretariato della Conferenza internazionale in sostegno all’Intifada palestinese – organo del Parlamento iraniano – in cui quell’evento in Israele, che ha visto la partecipazione di oltre quaranta capi di Stato tra cui il presidente Mattarella, viene definito “teatrale”, in cui si sostiene che il vero Olocausto è quello dei palestinesi e in cui Gerusalemme non viene mai chiamata “Gerusalemme”, ma indicata solo con il suo nome arabo “Quds”… (come forse vorrebbe l’Unesco…).

Permetteteci di dubitarne. Possiamo invece essere abbastanza certi che il contenuto reale della conversazione tra Di Maio e Zarif sia stato parzialmente censurato al pubblico iraniano, almeno nella parte in cui la Farnesina dichiara che Di Maio ha espresso preoccupazione per la situazione della regione nel Golfo e per i rischi alla sicurezza internazionale. E siccome questi rischi li pone per primo proprio il regime iraniano, a Teheran hanno sintetizzato quasi tutto con un semplicethe iranian and the italian foreign ministers also exchanged views on the ways for promoting economic and regional security cooperation”.

E d’altronde cosa dovrebbe dire l’Iran? Può per caso parlare di Olocausto? No, perché è un regime che nega ufficialmente la Shoah, il cui leader supremo si vanta di incontrare “intellettuali” negazionisti. Può per caso parlare di sicurezza? No, perché è il regime che per eccellenza ha esportato insicurezza fuori dai suoi confini, diventando il primo esportatore di terrorismo al mondo. Può per caso parlare di rapporti bilaterali in modo serio e costruttivo? No, perché è un regime fondato sulla menzogna e dominato dai Pasdaran, coloro che hanno usato volontariamente un aereo civile come scudo umano, nascondendo per tre giorni la verità al loro stesso presidente – ma non a Khamenei… – e ora si rifiutano di consegnare le scatole nere a soggetti terzi, che possano appurare finalmente tutta la verità sull’accaduto.

Avere a che fare con Zarif è una perdita di tempo: è formalmente ministro degli esteri ma nel sistema iraniano conta poco o nulla. L’Italia, in Iran, rappresenta anche gli interessi diplomatici del Canada, ovvero di un Paese che nella tragedia dell’aereo ucraino ha perso oltre 50 dei suoi cittadini. Vittime spesso in possesso di doppia cittadinanza (iraniana e canadese), le cui famiglie ora rischiano di non essere risarcite come dovrebbero perché il regime iraniano “non riconosce la doppia cittadinanza”. Se davvero il ministro Di Maio volesse convincere l’Iran a collaborare, inizi a condannarlo duramente: per le sue bugie, per i suoi abusi e per il suo sostegno al terrorismo internazionale. Pretenda che il regime iraniano venga sanzionato duramente dall’Ue, come sta facendo il presidente americano Trump. Allora vedrà che forse, sull’orlo del disastro, chi conta veramente nella Repubblica Islamica alzerà il telefono per dire “ok, parliamone…”

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