“Non sono stato io”, di Daniele Derossi: viaggio nei meandri più oscuri dell’umanità

4.8k 0
generica_porro_1200_5

La Val di Susa era l’unica ambientazione possibile per una fiaba nera come “Non sono stato io” di Daniele Derossi (Marsilio, 2019). Quella terra di frontiera sovrastata dalle Alpi, attraversata da vallate di smeraldo, costellata da laghi cristallini, dove le leggende sgorgano come acqua dai ruscelli.

Eccoci dunque a Serana, già presente nel romanzo “Nel cuore dell’anatomista”, paese d’origine di Ada che vi fa ritorno con Giacomo, il figlio avuto dallo scienziato pachistano Bashir. La donna, dopo anni vissuti a Londra e una dolorosa separazione, si focalizza sulla propria vita arrivando a trascurare il piccolo. Giacomo, nel frattempo, emarginato dai compagni di scuola, si avvicina al misterioso Robi. Un prepotente bambino dai capelli rossi. I due si addentrano nel castello di Serana, un tempo dimora di un negromante, riportandone alla luce i sotterranei e la minaccia nascosta al loro interno. Un ordigno innescato dagli eventi che esplode in seguito alla sparizione della piccola Jennifer. Un vortice di oscurità e rimorsi nel quale madre e figlio si incrociano senza mai guardarsi.

Derossi ci incatena ai personaggi. Nuotiamo tra i pensieri di Ada, una donna ferita che ha perso più di quanto potesse tollerare, rivolgendoci a lei in seconda persona. Siamo coinvolti nel suo malessere e nell’ossessiva ricerca di conforto. Assistiamo ai suoi errori senza poterla scuotere e restituire alla realtà. La seguiamo entrando nel suo mondo a contatto con i personaggi che lo abitano, tra i quali spicca la madre. Le due condividono un rapporto conflittuale che cela una ferita comune ad entrambe.

Le vicende di Giacomo e Robi si dipanano attraverso dialoghi serrati. Una relazione malsana all’insegna della prevaricazione che genera un’escalation di giochi sempre più pericolosi. Un rapporto morboso dove Robi umilia Giacomo scavando nelle sue insicurezze più profonde.

Gli appunti della reporter Antonia Del Corvo, intenta a condurre un’inchiesta sulla scomparsa di Jennifer, svelano il volto terrificante di Serana. Rivelano una comunità profondamente intrisa di pregiudizi e di falsità dove basta individuare un capro espiatorio per originare spedizioni punitive con torce e forconi.

Derossi confeziona il suo inganno esordendo col tipico romanzo di formazione dove il respiro del soprannaturale è impercettibile. Ci accompagna con una scrittura spontanea, soffiando una lieve brezza di politicamente scorretto e cullandoci con una colonna sonora variegata, dagli anni quaranta fino ai novanta: Frank Sinatra, Jim Morrison, Velvet Underground, Nirvana. Siamo avvolti nella sua tela accorgendocene solo quando l’alito del paranormale diventa irrespirabile. La costruzione della tensione è lenta e inesorabile, come il male che entra nelle nostre vite con discrezione per poi legarci, irreversibilmente, a sé.

Non sono stato io” risucchia il lettore all’interno di un viaggio allucinante nei meandri più oscuri dell’umanità. Chiuderemo questo volume con un’ultima significativa frase marchiata nella memoria: “per dimenticare bisogna ricordare”.

Seguici sui nostri canali
Exit mobile version