La Polonia negazionista e “I Fratelli Ashkenazi”

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Ha fatto scalpore la notizia del 31 gennaio scorso, secondo cui il Parlamento polacco, a maggioranza di centrodestra, ha approvato una legge che vieterebbe di dire che l’Olocausto contro gli ebrei sia stato opera della Polonia; non solo. La legge vieta anche di dire che i polacchi hanno contribuito, singolarmente o a gruppi, a episodi di rastrellamento e uccisione di ebrei in collaborazione coi nazisti (che di fatto occupavano il paese e avevano cancellato il precedente governo polacco). Qui ci vorrebbero degli storici per sbugiardare un parlamento che evidentemente delira. Degli storici che documentassero con nomi e vicende quanti e quali polacchi abbiano contribuito fattivamente a uccidere gli ebrei nei tanti campi di sterminio che i nazisti aprirono su quel territorio (per citare solo i due più famosi, Treblinka e Auschwitz).

Personalmente, non disponendo di una documentazione tanto approfondita, mi limiterò a suggerire la lettura di un romanzo straordinario, datato 1937. Si chiama “I fratelli Ashkenazi” di Israel Singer e narra la storia di una famiglia di ebrei di Lodz (e della comunità ebraica di Lodz, Polonia), dalla fine dell’800 agli inizi del’900. Vi si intravedono tutti i prodromi dell’antisemitismo più becero, messo in atto non soltanto dai polacchi locali, ma anche dai russi e dai tedeschi che abitavano in quella regione, soprattutto nel periodo in cui la Polonia come nazione non era ancora stata creata (l’indipendenza arriverà dopo la prima guerra mondiale, nel 1918) e il territorio era parte dell’Impero Russo, dell’Impero Prussiano e poi Austro-Ungarico. Nel romanzo, rivolte di contadini e operai, senza alcuna distinzione di fede politica, per cui anche legati al nascente credo socialista/comunista di ispirazione marxista-leninista, avevano come oggetto, sempre, inequivocabilmente, le comunità ebraiche accusate dei soliti ‘reati’ (o presunti tali): accaparramento delle ricchezze, speculazioni ecc. La miseria in cui i governanti dell’epoca tenevano buona fetta di operai e contadini, in realtà, non risparmiava di certo gli ebrei. Costretti ad arrabattarsi con alterne fortune.

E le vicende dei protagonisti del romanzo, una vera epopea storico-sociale, i due fratelli Reb e Jakob, sono lì a dimostrare come non solo gli ebrei furono sempre le vittime dei sistemi di potere vigenti ma che le persecuzioni nei loro confronti iniziarono ben prima della follia nazista, anche o soprattutto lì in Polonia. Per cui, caro parlamento di Varsavia, non si vede affatto come i vostri connazionali siano innocenti in toto rispetto a quanto avvenuto dopo l’occupazione tedesca. Secondo me, l’onere della prova contraria, visto che l’accusa di collaborazionismo coi nazisti è storiograficamente dimostrata, sta a voi, ancora. Non al resto del mondo.

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