Lo scontro Italia-Francia… ma per il cucchiaio di legno

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É tutta una questione di carburante, i francesi lo sanno bene. Basterebbe passeggiare di sabato lungo i Campi Elisi e chiedere a quei signori che girano con i gilet gialli quanto possa incidere sul buon umore di un popolo: che Macron non godesse di grande stima nell’opinione pubblica ad un anno dalla sua incoronazione lo si intuiva già dai sondaggi, ma l’ecotassa che ha fatto alzare i prezzi alla pompe ha fatto il resto. Il guaio è che il carburante sta diventando una discriminante anche per la nazionale francese di rugby, asfaltata 44-8 dagll’Inghilterra a Twickenham nella seconda giornata del 6 Nations. Una formazione che arranca, con molti giocatori posizionati fuori ruolo soprattutto nel reparto dei trequarti, quelli che dovrebbero fornire il propulsore per le volate in area di meta; un pacchetto di mischia sballottato avanti e indietro dalla tattica al piede dei padroni di casa, con la spia del rifornimento già accesa dopo mezz’ora.

Le Crunch, come viene definito lo scontro ovale tra Inghilterra e Francia, ci ha consegnato così una nazionale in testa alla classifica e pienamente in forma: dieci punti, bottino pieno e una ritrovata confidenza che pareva smarrita tra prestazioni opache e game plan prevedibile e senza sbocchi, per la soddisfazione di coach Eddie Jones, uomo che appena sente profumo di Mondiali tira fuori il coniglio dal cilindro e si prende rivincite sui detrattori, specialmente quelli che si annidano in tribuna stampa – ovviamente stiamo facendo riferimento all’Inghilterra. L’altra al contrario langue in fondo alla classifica penultima, perché a chiudere il gruppo c’è l’Italia che sabato ha perso per 26 a 15 contro il Galles all’Olimpico davanti a poco più di 38.000 spettatori. La recessione azzurra si legge anche nelle persone sugli spalti.

Match complessivamente poco emozionante per le prestazioni al ribasso degli uni e degli altri, dopo la prima frazione conclusa sul 12-10 per gli ospiti. Nel conteggio italiano mancano cinque punti per gli errori dalla piazzola: avrebbero garantito almeno un punto di bonus difensivo per aver perso con uno scarto inferiore ai sette punti. Stando alla stampa locale, si è trattata dell’ennesima sconfitta con onore.

Quindi, a ben vedere e salvo sorprese che condannerebbero chi scrive ad essere relegato nella categoria degli esperti che immancabilmente sbagliano previsioni, il cucchiaio di legno l’Italia se lo giocherà proprio con la Francia nell’ultima giornata, il 16 marzo a Roma. C’è tutto il tempo per organizzare la linea difensiva attorno alla capitale e renderla inaccessibile tanto alla truppa transalpina guidata dall’ex Jacques Brunel quanto all’ambasciatore rispedito dall’Eliseo: per allora tra l’altro non sarà nemmeno pronta la Tav, così ai francesi toccherà consumare ancora più carburante e Toninelli avrà inconsapevolmente fatto un favore alla patria. Ci si gioca la sovranità.

Partita divertente invece a Edimburgo dove l’Irlanda si riprende dalla sconfitta del primo turno e supera 22-13 la Scozia che dopo un buon avvio regala agli avversarsi la prima meta del sabato pomeriggio, con un passaggio disgraziato di Tommy Seymour a Sean Maitland che finisce nelle mani del mediano irlandese Conor Murray: azione partorita da un calcio in profondità di Jacob Stockdale giusto per sottolineare come l’uso educato dei piedi sia un elemento tattico decisivo. Fuori dopo 23 minuti per un trauma celebrale l’apertura dell’Irlanda, Jonathan Sexton (a proposito di piedi buoni), targettato dalle guardie scozzesi: il sostituto John Cooney si è guadagnato la pagnotta.

Si torna in campo tra due settimane e la partita di cartello è quella di sabato 23 febbario a Cardiff: Galles – Inghilterra per iniziare la volata al titolo. La letteratura rugbistica e non solo è piena di materiale sulla rivalità tra le due e la disfida solitamente rafforza l’unità delle isole britanniche: tutti a tifare per i dragoni gallesi contro i perfidi inglesi. Tutto il resto può aspettare, perché come dicono nella Valleys as long as we beat the English we don’t care.

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