Boccia, il Mao di Bisceglie, ora deve dimettersi

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Sulla pagliacciata degli assistenti civici, Francesco Boccia s’è giocato l’ultimo brandello di credibilità. Il Viminale, stizzito, si è dissociato. I 5 stelle hanno parlato di “fuga in avanti non condivisa”. Italia viva è sulla stessa linea del piddino Matteo Orfini: gli spioni sono “inutili”, “servono ministri che facciano i ministri”. Il Mao di Bisceglie, però, non demorde: ha plasmato le sue Guardie rosse e le difende strenuamente. “Non sono ronde”, ha specificato, potranno al massimo segnalare gli assembramenti alle autorità. Ah, meno male: così mica è un’oscenità degna della Ddr…

Lo diciamo così, “con gentilezza”, da bravi assistenti civici: è il caso che Boccia tolga il disturbo. Un ministro per le Autonomie che, appena insediato, esordì cercando di togliere autonomia al Friuli Venezia Giulia. La crociata contro le Regioni a trazione leghista è una specialità con cui s’è misurato specialmente in era di coronavirus. “Le Regioni da sole sarebbero crollate”, predicava a fine marzo. Poi ha attaccato il sistema sanitario della Lombardia. Ma alle manie centraliste, il caudillo pugliese accompagna i metodi da Arancia meccanica: alla Stampa, Boccia ha avuto il coraggio di dichiarare che con gli italiani bisogna usare “bastone e carota”. Perché non olio di ricino?

Certo, nell’Italia della “Costituzione sospesa”, il ministro per la Centralizzazione lo trova, qualche khmer bendisposto a seguirlo. A cominciare dal suo conterraneo Antonio Decaro, presidente dell’Anci e sindaco di Bari. L’altro inventore dei delatori anti assembramento. A Repubblica, Decaro s’è venduto questa trovata come se avesse ricevuto un mandato dai sindaci che rappresenta. Almeno quelli di centrodestra, però, non li ha mai interpellati. Il primo cittadino del capoluogo abruzzese, Pierluigi Biondi, ha sonoramente bocciato i guardoni municipali. Messa così, non sembra che fosse questo il tipo di aiuto invocato dagli amministratori italiani. A nome di chi Decaro ha reclutato le squadracce anti movida?

Visto che del Mao di Bisceglie stiamo parlando, non possiamo non citare il prefetto di Cremona, Danilo Gagliardi, che sui giovani a zonzo ha redatto un Libretto rosso: “Bisogna colpirne non più uno, ma tanti, per cercare di educarli tutti”. Siamo alle Brigate fesse. Meno male dovevamo uscirne migliori: ne stiamo uscendo con i commissari del popolo sovietici. Pensare che, meno di un anno fa, ci preoccupavamo dei “pieni poteri” di Matteo Salvini…

Sì, ministro Boccia, glielo domandiamo “con gentilezza”: resti a casa – è pandemicamente corretto. Si dimetta. E magari si porti dietro tutto il governo. Quello che dopo 6 mesi ancora insegue mascherine, kit diagnostici, reagenti. Ed è pronto solo a mettere le mani avanti. Così, se non andasse “tutto bene”, potrà dire che è tutta colpa di chi s’è bevuto una birra.

Alessandro Rico, 26 maggio 2020

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